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lunedì 30 maggio 2016

Sotto il Barocco, alla scoperta della Lecce Medievale

Cari lettori, come molti di voi sapranno già, Lecce è una città barocca dalle mille sfaccettature.
Dalle antichissime origini messapiche alle evoluzioni romane, il capoluogo del Salento offre innumerevoli luoghi d'interesse.



Giovedì 26 Maggio tra la basilica di Santa Croce, Palazzo Adorno e piazza sant'Oronzo, nelle sede dell'ex ristorante Personè, viene inaugurato il primo museo ebraico della città. Lecce nel Medioevo, insieme a Gallipoli e Otranto (fonti storiche citano queste tre città), ha ospitato una grande comunità ebraica.





Anticamente gli Ebrei non vivevamo rinchiusi nei "ghetti", essendo già all'epoca ricchi mercanti abitavano nella "Giudecca", quartieri nel centro della città. Il luogo dove sono stati ritrovati dei resti della sinagoga sono situati dove attualmente è posto Palazzo Personè o Palazzo Taurino (prende il nome dai proprietari che si sono succeduti).




Antichi abiti ebraici



Epigrafe


L'idea di questo museo nasce da due Leccesi, conoscitori dei luoghi storici della città, Michelangelo Mazzotta e Francesco De Giorgi. Insieme al supporto di studiosi come il prof. Fabrizio Lelli hanno dato vita al "Medieval Jewish Lecce".

a destra, Michelangelo Mazzotta
Francesco De Giorgi



Vi invito a fare una visita in questo luogo molto suggestivo, posto al centro della città e a molti sconosciuto. Lecce è una città piena di luoghi d'interesse, dalle chiese barocche all'anfiteatro Romano, e da oggi ha un luogo in più da visitare che arricchisce la lista di numerosi siti e monumenti che la nostra città già ci offre.

sabato 28 maggio 2016

Le Cronache di Leinthindoen - Libro I, La guerra degli ordini - Capitolo: Il dolce riscatto

"Axir, lo senti il vento? è davvero dolce, così soave nel suo essere invisibile ..." disse Mhonia osservando Axir, con un po' di timidezza e nel mentre notava il suo profilo da guerriero, i suoi capelli biondi che si lasciavano toccare dalla brezza naturale e il suo corpo robusto ed esile al tempo stesso,accovacciato su una roccia di fronte al lago di Louf.
Dal canto suo, il giovane guerriero Doithil  non rispose alla  giovane sacerdotessa ma continuava a fissare sulla superficie marina le onde che si propagavano su di essa e il rumore delle rane che sguazzavano alla ricerca di insetti; la cosa che lo colpiva di  più era la flebile luce lunare, non visibile da quell'angolazione... ma la luce c'era.
"Axir, hai qualcosa che non va?" disse con insistenza la giovane donna elfa, non poteva sopportare di essere ignorata.
"Pensi che i tuoi incantesimi di protezione mentale possano resistere alle capacità telepatiche di un doithil?" disse con un leggero sorriso Axir, voltandosi verso di lei.
"C-C-Cosa vorresti dire?", disse diventando tutta rossa, "Io non penso a nulla".
"Certo... beh vedi... guarda la luna, io non la vedo, ma c'è... la sua luce illumina la notte come se fosse stata messa a guardia, come compagna del sole, come compagna della vita", e aggiunse: "tutto funziona con sincronicità, tutto si muove... il vento dà senso all'ambiente, l'acqua dà vita e la luce mantiene l'ordine".
"Con questo cosa vorresti dire?" rispose la sacerdotessa, perplessa e imbarazzata al tempo stesso.
"Davvero non lo hai ancora capito?" sorrise Axir alzandosi e si incamminò verso di lei fissandola negli occhi.
Lei non riusciva a reggere il suo sguardo e si girò di scatto e iniziò a muoversi verso la collina.
"Ferma, Mhonia!" disse lui; lei si voltò... lui ormai a 20 centimetri da lei, pose la sua mano sul suo dolce seno senza volgarità e con molta eleganza soggiunse: "voglio dire che io e te siamo un universo... i nostri cuori battono all'unisono... la nostra testa è una sola... ed il desiderio è comune, sai come si chiama? Amore!".
Non poteva essere vero, doveva essere un sogno, Mhonia era sconvolta. Non poteva aver scoperto i suoi pensieri, per troppo tempo ha mascherato il suo amore per lui. Notti lontano da lui negli accampamenti per non guardarlo la notte, per poi svegliarsi e osservare il suo dolce respiro mentre dormiva, sistemargli la coperta di pelle di nascosto.
"Mhonia, sono giorni che avverti i tuoi pensieri come me ma attualmente siamo in una condizione che non possiamo permetterci questo. Troppi rischi ed un incontro importante da fare, con i Luinif, il mondo non vuole il nostro amore attualmente ma se mi spieghi cosa ti ha detto il sommo sacerdote proverò a lenire questo tuo dolore... Io ci tengo a te Mhonia!".
Lei non ci credeva e si avvicinò per baciarlo ma un forte rumore bloccò lui, un rumore di sangue, di carne squarciata, i suoi occhi diventarono bianchi, poi neri e poi viola... ed il guerriero cadde a terra... Mhonia gridò: "NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!".
Davanti a lei 3 figure incappucciate armate di pugnale magico la accerchiavano e lei cadde a terra con il cuore spezzato, senza forza.
"Mhonia... sono io, sono Axir"; lei si voltò e davanti a lei c'era di nuovo lui; smise di piangere.
"Che scherzo è mai questo?" disse mentre singhiozzava. Era pervasa da un insieme di emozioni negative e positive tutte insieme che non stava riuscendo a gestire.
"Era un mutaforma, una spia degli Ordini Neri, ti  abbiamo seguita, non ci sarà nessun incontro. Era un modo per trarlo in inganno".
"Ed avete usato me per questo? Di chi è stata l'idea?"
"Mia" disse Axir "ma sappi che mi dispiace"
"Non ti dispiacere"
"Io sentivo tutto" aggiunse Axir.
Silenzio tombale. Lei chiuse gli occhi, li aprì di scatto ed erano completamente bianchi: "eri talmente concentrato a capire che fosse una spia che non ti sei reso conto che siamo circondati da quattro Ordini" e mentre diceva ciò una grande bolla bianca si creò intorno a loro, sprigionata dalla sua anima.
Si voltarono di scatto e gli altri quattro Ordini del Mondo Neutrale erano li, armati.

martedì 24 maggio 2016

Mafia. Un piccolo spunto di riflessione

Una persona a me molto cara disse: “Voglio combattere la Mafia”. Io la guardai e quasi risi di lei. Pensai come fosse facile parlare di argomenti così delicati quando non si vivono in prima persona, quando tutto sommato si conduce una vita tranquilla, agiata, serena. Ricordo che provai quasi un senso di rabbia, perché è illogico lottare contro qualcosa di così grande e pericoloso! Le dissi: “Ma come ti viene in mente una cosa del genere! E poi come penseresti di vivere, scortata a vita? La vita è solo una, e bisogna godersela!”. Allora lei mi rispose: “Proprio perché la vita è solo una, non voglio sprecarla invano”.

don Pino Puglisi
Quando scrivo la parola MAFIA non resto mai indifferente, vengo pervaso da un mix di schifo, rabbia e terrore. Un po’ come quando scrivo la parola CANCRO.

Cos’è la Mafia? O forse sarebbe più corretto chiedersi: chi è la Mafia?

Nell’immaginario collettivo il mafioso è un uomo sicuro di sé, che si sveglia al mattino e fa il segno della croce, ha una famiglia, una vita sociale. Esce, cena con gli amici, va in chiesa la domenica. E allo stesso tempo è un uomo senza scrupoli, capace di macchiarsi dei crimini più efferati pur di difendere i propri interessi, pur di ribadire e consolidare la propria egemonia e il proprio potere su un posto o su una popolazione.
Giusto, giustissimo.
Ma non è solo questo. Mafioso è anche lo Stato che scende a compromesso e sacrifica le “pecore nere” che si ribellano. Mafioso è anche il sistema giudiziario che assolve per “insufficienza di prove” i mandanti di una strage. Mafiosi siamo tutti noi che abbiamo paura, che lasciamo che tutto proceda nella medesima direzione, senza avere la forza e il coraggio di ribellarci, di portare avanti un ideale di pace e di giustizia.

Mi ero ripromesso di scrivere un articolo veramente breve, e così farò. 
Non serve aggiungere parole, non serve fare un elenco di quanti hanno perso la vita sognando un’Italia migliore. Non serve denunciare tutte le mancanze delle istituzioni. Non servono nemmeno i commemorativi che si celebrano ogni anno, né gli auguri per un cambiamento che in realtà non è mai partito.

Serve riflettere. Serve aprire gli occhi. Serve cambiare, da oggi, dal nostro piccolo.

A tutti coloro che troveranno interessante questo spunto di riflessione chiedo la cortesia di condividerlo, di parlarne ai propri amici, di portarlo nelle proprie case. Questo è il nostro mondo, quello dei nostri padri, quello dei nostri figli. Rendiamolo sano e dignitoso.


“Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena vivere”Albert Einstein

mercoledì 18 maggio 2016

Le cronache di Lenthindoen - Libro I, La guerra degli ordini - Capitolo: I guardiani

"Ed eccomi qui... la grotta viva" disse a bassa voce Duavhil.
Davanti a se si presentava  l'entrata di una grotta, completamente nera e non era per via del buio, ma proprio per caratteristica e riguardo quella grotta giravano tante voci:
chi diceva che il suo colore era dovuto ad una maledizione (difatti chiunque vi fosse entrato non vi avevamai più fatto ritorno),
chi era convinto fosse dovuto ai cattivi odori che arrivavano dall'interno della grotta e chi, ancora meglio, diceva fosse per non essere vista.
Eppure il suo nome era Grotta Viva, non Grotta Nera... perchè? 
Duavhil era un emfhoil, cioè nato dall'unione di un elfo ed un elementale, una razza rara e venerata da molte, nonchè una Lama di Dumhral, antico ordine nato per la difesa delle razze, anche per questo era stato scelto lui per quella missione.
Avvertì il vento frusciargli le orecchie e si avviò; mentre si avvicinava alla grotta diventò completamente bianco, la sua razza reagiva al nero.
Entrò e notò la presenza di numerose stanze, completamente cave e prive di qualsiasi traccia che potesse far pensare ad una grotta.
"Cos'è questo rumore?" pensò, mentre l'aria diventava più pesante; all'improvviso un grido fortissimo si udì dall'altra parte della grotta. Duavhil trattenne il fiato: "non può essere lei... Avlia.... no!". Iniziò a correre, la sua luce bianca si schiantava contro il nero della grotta, i suoi passi riempivano il vuoto, ma era costretto a fermarsi ogni cinquanta metri perché la grotta cambiava direzione costantemente .
"Maledizioneeeee!!!!!" tuonò con tutta la voce che aveva in circolo e la grotta inizio a tremare, il suo gridò era più forte di qualsiasi forma di magia nera vi fosse in quel posto. Prese la staffa, la puntò in alto, sbarrò gli occhi ed una luce immensa sgretolò tutte le pareti da li a trecento metri.
Ripose la staffa e vide in lontananza tre figure alte e snelle, si avvicinò a passo lento tenendo nella mano sinistra la staffa e la mano destra pronta sull'elsa della spada.
"COSA VUOI, VIAGGIATORE!?" gridarono le voci infernali all'unisono.
"Sono qui per riportare qualcosa che è di questo mondo", rispose Duavhil, "AH-AH-AH" risero le guardiane della grotta, ma la loro non era una risata era una condanna a morte e, mentre l'aria si faceva sempre più nera, soggiunsero: "NOI SIAMO QUI PER PROTEGGERE LA SESTA SACRA PIETRA, NON HAI VOLUTO DESISTERE ED ORA NOI TI UCCIDEREMO, VIAGGIATORE".
Duavhil sorrise, si fermò, ormai le vedeva.
Erano tre sorelle guardiane, nobili un tempo, ma ora corrotte dalla magia nera di Deumixon; attorno a loro aleggiava una sostanza eterea tra il grigio ed il nero ed erano armate diversamente: quella a destra aveva un martello gigante, quella a sinistra due lame a forma di serpente e quella al centro tanti anelli ed erano completamente nude e rivestite da un liquido nero sui seni e sulle cosce.
"Sorelle, cosa vi è successo? Una volta avreste aiutato un viaggiatore a capire la sua via; una volta non avreste fatto sparire il corpo di una Mistica che è venuta qui per un accordo" soggiunse; "NESSUN ACCORDO CON NOI! LA SACRA PIETRA VA PROTETTA DAI NEMICI DI DEUMIXON" e mentre lo dicevano, i loro occhi diventavano sempre più vitrei.
"Allora mi dispiace per voi! Credere che un essere lucente sia servitore del male significa che l'oblio..." si fermò un istante per poi tuonare: "REGNA NELLE VOSTRE MENTI E NEI VOSTRI CUORI!!" e dopo questo urlo, Duavhil prese la spada e la unì alla staffa: l'arma che ne usci era divina, sembrava la forma di un unicorno. Ormai,  aveva capito che il nero aveva offuscato le loro menti, continuare il discorso sarebbe stato futile con quelle guardiane.
All'improvviso, diventò di un bianco incandescente e gridò: "Ora assaggerete la punizione di Dumhral!" e si fiondò verso di loro!
Le tre sorelle si divisero: una attaccò da destra con il martello gigante, una da sinistra con le due lame a forma di serpente mentre l'altra si preparava a lanciare una sfera nera.
Il combattimento fu istantaneo, si vide solo un guizzo di luce e due sorelle caddero morte; la terza si ritrovava con la spada-staffa puntata alla gola.
"Chiedi perdono per aver accolto il nero", disse la lama di Dumharal e la guardiana rise; "l'hai voluto tu... LA LUCE NELL' OSCURITÀ... SEMPRE >> aggiunse Duavhil, chiuse gli occhi e gli passo delicatamente l'arma sulla gola e la guardiana cadde.
Si voltò di scatto. In fondo alla stanza giaceva il corpo di Avlia, la sua amata. Il suo viso era pallido, la prese in braccio: "Amore...ti riporterò in vita!".
Appena la sollevò scattarono centinaia di freccia verso i loro corpi e poi ....

Capitolo precedente: La Scelta

martedì 17 maggio 2016

Povero Diavolo... (che pena mi fa!)

La fede, qualunque sia l’ambito in cui viene profusa, è, o quantomeno dovrebbe essere, eterna e incontrovertibile per ogni essere umano. Qualunque possa essere il settore, appunto. Sia essa religiosa, politica, calcistica. Oddio, in campo politico forse questo assunto è stato più e più volte disatteso; di voltagabbana e banderuole al gioco del vento ne è pieno il mondo! Ma questa parentesi è presto chiusa. Il sottoscritto non parlerà mai di politica.

Bene, quello di cui mi accingo a scrivere in queste poche righe tratterà solo ed esclusivamente di un ambito che, (ahinoi!), nasce come profano, ludico, ma che inevitabilmente tende a tracimare per molti (forse troppi) in qualcosa di profondamente importante, serioso, imprescindibile, intoccabile, quasi mistico (ogni riferimento a fatti, persone e juventini è puramente casuale!)… Sì, mi riferisco al calcio!

Chi scrive può definirsi da sempre un tifoso milanista. Tifoso, null’altro. Non ho isterismi particolari per la mia squadra; non soffro di depressione post sconfitta; non la innalzo né decanto quando non lo merita…  (ogni riferimento a fatti, persone o juventini è puramente casuale! 2); Insomma, la definizione che mi si addice forse meglio sarebbe quella di sportivo, status in cui dovrebbero trovarsi tutte le persone che hanno superato i vent’anni, ma che purtroppo sta diventando, è diventata anzi oramai un’utopia (ogni riferimento a fatti, persone o juventini è puramente casuale! 3). 

Ora, cosa voglio dire su questa squadra che ha infiammato la mia infanzia, colorandola di tante e tante gioie (e qualche amaro ricordo, ma quasi del tutto trascurabile!)? 
Dico che siamo alla frutta. Dico che la (gloriosa) società rossonera sembra essere oramai alla deriva. Errori, orrori, gestione sbagliata di calciatori e non, scelte azzardate, caos totale nei ruoli che contano (ma soprattutto, chi è che conta?). 
Ma non mi addentro più di tanto nei meandri tecnici della questione, anche perché non ne ho le competenze specifiche.  

La questione la sposto su un piano direi più umano; trovo non si possa più parlare di una grande società. E ciò che denuncio sono i comportamenti sbagliati e inopportuni nei confronti di professionisti, non solo calciatori. 
Un esempio su tutti mi piace, anzi, spiace, sottolineare. Quello che mi ha colpito maggiormente e che adduco peraltro come causa scatenante di quella che è  l’attuale situazione negativa di questo leggendario club. E mi riferisco alla “questione” Clarence Seedorf. Su questo mitico ex calciatore olandese ogni aggettivo sarebbe non all’altezza. Parliamo di un fuoriclasse assoluto. Uno dei miei miti calcistici di tutti i tempi.   

Tanti e tanti gli anni di onorata militanza rossonera come calciatore, giocate storiche, goals da cineteca, carattere da vendere (credo sia stato l’unico calciatore a non rilasciare interviste banali e melensi, al contrario di ogni altro rappresentante della sua categoria)….. Un leader insomma, dentro e fuori il campo da gioco. (E, ricordiamolo, l’unico calciatore ad aver vinto la Champions League con tre squadre diverse: Ajax, Real Madrid e Milan (due volte), per un totale di quattro coppe dalle grandi orecchie!).   
Siamo nella stagione calcistica 2013-2014: la società rossonera promette al campionissimo che sostituirà sulla panchina della squadra l’attuale allenatore Massimiliano Allegri, il quale, dopo aver portato il Milan allo scudetto nella stagione 2010/2011, non riesce a ripetere i buoni risultati sino a li raggiunti.
 Fin qui tutto lecito. 
Cosa fa infittire la trama del giallo allora? 
Il fatto che i vertici societari pensano bene di sostituire l’allenatore toscano già prima della chiusura del campionato, proprio con Seedorf, “prelevandolo” di fatto dai campi di calcio che calpestava, benissimo, con la squadra brasiliana del Botafogo, club nel quale milita in quell’anno.   
Possiamo quindi dire che il nostro eroe accetta di subentrare in corsa ad Allegri, precisamente il 16 gennaio 2014 , con l’ovvia promessa, lo ripetiamo, di continuare ad allenare la squadra rossonera anche l’anno successivo. Possiamo tranquillamente parlare di una sorta di “favore” che Seedorf fa al 
Milan, anticipando il suo insediamento a Milano.    

Morale della favola? Clarence Seedorf conclude la stagione calcistica portando a casa un numero maggiore di punti rispetto al suo predecessore, sfiorando la qualificazione in Europa League. Il tutto con una squadra, possiamo dirlo, francamente senza pretese. Il Milan termina il campionato all’ottavo posto. 
Facciamoci ora due risate. Benché il neo allenatore olandese avesse firmato un contratto fino al 30 giugno 2016, ed avesse fatto obiettivamente bene fino ad allora, il Presidentissimo Silvio Berlusconi esonera Clarence Seedorf a fine stagione, non onorando il contratto e, aspetto più deplorevole della vicenda, venendo meno alla promessa fatta al campione (ricordiamo ancora una volta che Seedorf avrebbe dovuto cominciare ad allenare il Milan l’anno seguente ma, per via dello strettissimo rapporto esistente con la società rossonera, egli anticipa il suo arrivo a Milano!). 

Per la serie, Una storia triste, Seedorf termina la sua avventura da allenatore rossonero, possiamo dirlo, quasi ancora prima di cominciarla (ultimo dettaglio, non da poco, il Milan ovviamente continuerà a pagare il campione olandese fino a giugno 2014!). 
 Da lì, l’oblio….. Una sequela di errori e risultati “amari” che oggi conosciamo. 
Una vicenda, quella di Seedorf, che non riesco sinceramente ancora a digerire e che ha sancito la “rottura” tra me ed il Milan. Sì, perché da allora ho perso la stima che avevo nei confronti di una società che ho sempre reputato seria e competente. Giudizio che, ahimè, non posso riconfermare.    

Con l’augurio di tornare presto a rivedere una società vincente e seria, soprattutto, ripeto, sul piano umano, concludo questo mio spazio, ringraziandovi per la necessaria valvola di sfogo! 

Non prima però di porgere i miei più sentiti complimenti ad un allenatore italiano, Claudio Ranieri, artefice del vero e proprio miracolo inglese col suo Leicester, da noi tutti oggi, giustamente, acclamato!  
Fulgido esempio della fiaba che diventa realtà….. Calcio metafora della vita…..
Sembra sempre impossibile finché non viene realizzato     (Nelson Mandela) 



domenica 15 maggio 2016

Inseguendo le stelle


Essere docente di Scienze vuol dire conoscere nozioni che vanno dalla biologia, alla chimica ed anche all’astronomia. Parlare di stelle può assumere tante connotazioni diverse: possiamo considerarle mondi a noi lontani, semplici ammassi di gas incandescenti, ispirazione per i romantici e ricordi per i nostalgici. Di sicuro, ognuno di noi ha il suo modo di vederle (anche in modo molto fantasioso come questi alunni) e condividere questa esperienza è il modo che ho io per portarvi con me in un viaggio meraviglioso.

Via Lattea (ph: Davide De Matteis)
La mia vita è particolare, se dovessi descriverla userei queste due parole: “di fretta”. Sì, perché sono una giovane ragazza che ancora non ha un posto fisso (piaga di molti miei coetanei) e che va sempre “di fretta” per non lasciarsi superare dal trascorrere del tempo: “di fretta” per inseguire una borsa di studio, “di fretta” per poter firmare un CO.CO.CO. , “di fretta” per sperare in una supplenza… che arriva in un liceo artistico della provincia di Brindisi. Arrivo di fretta anche quella mattina, apro la borsa, puntualmente ho scordato la penna. Chiedo a una collega di prestarmi la sua per firmare sul registro in sala professori. Arrivo in classe e mi presentano Matteo (ovviamente nome di fantasia). Alto, castano scuro, occhi verdi. “Ciao Matteo!”, mi risponde con un cenno e sul suo viso dipinge un sorriso dolcissimo. 

Da quella mattina sarei stata la sua docente di sostegno. Non vi nascondo che in me vi erano due sentimenti molto contrastanti: da un lato il timore di sbagliare, dall’altro la forza e la volontà di prendermi cura di lui certa di vivere un’esperienza che mi avrebbe arricchito sia professionalmente che soprattutto umanamente!

Ed eccomi qui con lui; subito inizia a correre per il corridoio come una gazzella nella prateria. Corre da un lato all’altro del corridoio velocissimo. Evita con cura tutti gli ostacoli che incontra lungo il percorso come se volesse raggiungere qualcosa che io non riesco a vedere. Penso che deve essere qualcosa di molto speciale perché utilizza tutta l’energia che ha in sé per inseguirla; spero di scoprire in questi giorni che passerò con lui di che cosa si tratta. Noto una finestra aperta, corro a chiuderla. Mi accorgo che beve da qualsiasi lattina/bottiglietta gli capiti davanti, chiedo di far sparire tutti i bicchieri con l’acqua usata dai compagni per dipingere con gli acquerelli. Gli ordino (per quanto può essere considerato un ordine) di sedersi, prendo dalla mia borsa un album per bambini per vedere se riesce a colorare nei margini. Il suo viso cambia espressione in poco tempo: non può restare indifferente a un richiamo così forte per assecondare il mio capriccio di volerlo lì in quel momento a colorare un buffo pupazzo! Continua a correre, cercando di spiccare il volo ed uscire dalla gabbia di questo mondo che è troppo stretto per una creatura meravigliosa come lui.

La penna quel giorno non mi sarebbe servita. In un istante ho riposto in uno scatolone reazioni chimiche, cicli vitali e geologici e ho iniziato a inseguire le stelle con Matteo.

sabato 14 maggio 2016

Papà, mamma, grazie!

Veniamo al mondo e facciamo le nostre scelte. E le nostre preferenze non riguardano solo il lavoro che ci piacerebbe svolgere, l’abito che vorremmo indossare o l’auto che sogniamo di guidare. Le nostre scelte riguardano anche le persone che decidiamo di far entrare nelle nostre vite.
Conoscenti, amici, compagni, mogli e mariti.
Persone che ci rapiscono per carisma, modo di fare e di pensare, bellezza e fascino. Persone che sotto un certo punto di vista ammiriamo, dalle quali ci piace attingere. Persone che ci cambiano.
Persone per le quali siamo disposti a rinunciare a parte del nostro tempo e delle nostre risorse.
Persone che entrano nella nostra vita. Ma che nessuno potrà garantirci ci resteranno per sempre.

Quindi veniamo al mondo e facciamo le nostre scelte. Che riguardano praticamente tutto, eccetto una cosa: i nostri genitori, le nostre mamme e i nostri papà (adottivi o biologici che siano).
Per loro spesso non siamo disposti a rinunciare proprio a nulla. Anzi un divieto diventa un obiettivo, una sfida da portare a termine. Si innesca una competizione per far prevalere la propria personalità. Sembra quasi che si vogliano mettere costantemente le cose in chiaro, della serie “ti devo la vita, ma me la cavo da solo!”. In alcuni casi poi, siamo persino disposti a ripudiarli, a cacciarli fuori dalle nostre vite per inseguire chissà chi o chissà che cosa.
Eppure una cosa è certa. Loro ci saranno PER SEMPRE.

Che paradosso l’animo umano.

Ci svegliamo al mattino e troviamo sulla tavola il latte, già scaldato. Facciamo colazione e spesso scappiamo via lasciando tutto in disordine eppure al nostro ritorno tutto è al proprio posto. Ci mettiamo a tavola e il primo (e spesso unico) pensiero è capire se la pietanza è o meno di nostro gradimento. Se un esame ci va male e la mamma ci regala un sorriso pensiamo “bene, non si è arrabbiata, vado a giocare”. I nonni sono capricciosi già da qualche anno, eppure non ce ne siamo mai accorti. La sera rientriamo sempre più tardi, la luce nella camera matrimoniale è ancora accesa, qualcuno non dome, ma non ci facciamo caso. In tutto questo c’è dietro una MAMMA che in silenzio, senza fare rumore e senza prendere premi ci ama, dona coraggio e rende le nostre vite semplici (anche se continuiamo a lamentarci). Forse non ci abbiamo mai fatto caso, eppure è così.

Ci svegliamo al mattino e ci mettiamo a studiare, coltiviamo le nostre passioni, andiamo a giocare a calcetto, usciamo in bici, ogni momento è buono per un caffè con un amico. Abbiamo una macchina, ne pretendiamo una nuova. Ci sono lavoretti in campagna, attrezzi da sistemare, un giardino da mettere in ordine e non abbiamo la più pallida idea di tutto questo e se anche lo sospettiamo, dura un attimo. Abbiamo sempre un portamonete in forma. E poi abbiamo un PAPA’ che vediamo poco, perché lavora tutto il giorno, ordinario e straordinario, o magari è fuori per mesi. Abbiamo un padre che anche quando rientra è talmente stanco che a stento ci regala un sorriso e magari la prendiamo anche male.

Se osserviamo la situazione da un punto di vista freddo e distaccato, i nostri genitori sono i nostri primi dipendenti, fedeli e instancabili lavoratori al nostro servizio. E in più senza retribuzione. Noi i datori, spesso irrispettosi e menefreghisti.

I nostri genitori nel momento stesso in cui ci mettono al mondo smettono di vivere la propria vita per rendere migliore quella di tutti noi. E lo faranno PER SEMPRE, a prescindere da come li tratteremo.


Cari lettori, prendiamo coscienza di tutto questo. Facciamo tesoro dei loro insegnamenti, aiutiamoli nelle “loro” faccende. Amiamoli almeno la metà di quanto loro ci amano. E se all’improvviso avremo voglia di regalare loro un abbraccio o un sorriso facciamolo pure, senza vergogna. In fondo stiamo solo abbracciando gli unici esseri viventi al mondo che donerebbero persino la vita, per noi. 

venerdì 13 maggio 2016

Vacanza in Salento

Quest'estate vacanza in Salento: Gallipoli, Porto Cesareo, Otranto o Ugento? Inizia il conto alla rovescia. Un'altra stagione balneare è alle porte e, stando a sondaggi e prenotazione, ci sia aspetta che sia un altro pienone.
Tramonto sul mare a Porto Selvaggio
Infatti, come non poter essere attratti da mare caraibico, cibo eccezionale, storia e cultura, tradizione e divertimento, prezzi ancora accessibili..in una sola parola Salento?
Otranto, bastioni sul porticciolo
Da diversi anni la nostra bellissima terra è balzata al primo posto delle mete turistiche preferite da italiani e non solo. E noi Salentini ne andiamo fieri. L'economia gira, si creano posti di lavoro e il piccolo artigianato sopravvive, mostriamo al mondo i nostri tesori e il territorio cresce. Ed è sempre più frequente mentre si passeggia per le stradine del centro storico di Otranto, Gallipoli o Lecce, sentire parlare in Inglese, Francese o Tedesco. Fa piacere vedere le facce sbalordite di questi turisti di fronte alle decorazioni barocche, al mare cristallino o a una "quantiera" (per dirla alla salentina) di pasticciotti.

Lecce, Piazza Duomo
Lecce, Teatro Romano
Ma ora voltiamo lo sguardo all'altra faccia della medaglia. Da un po' di tempo a questa parte si assiste ad una deriva caotica ed ignorante della concezione di vacanza, che lede l'immagine della nostra terra. Mi riferisco in particolar modo a quanto accade a Gallipoli. A Luglio ed Agosto, la "perla dello Ionio" è invasa da migliaia di giovani, molti dei quali in cerca di sballo e divertimento senza regole. E scelgono Gallipoli così come altre località salentine perché sanno di trovare quello che cercano. Così si assiste alle ormai note tristi immagini di sporcizia disseminata, vandalismo, disturbo della quiete pubblica ad ogni ora del giorno e della notte, spaccio di droga a cielo aperto, gente che dorme per strada o in B&B/case/garage senza alcuna autorizzazione per l'esercizio... tanto per citare alcuni esempi.
Questo degrado è frutto di un inefficiente sistema di controllo del territorio da parte delle persone elette per garantire ordine e organizzazione. Ma è anche frutto di comuni cittadini del luogo che screditano l'immagine del Salento per amore del dio denaro o per ignoranza, mancanza di rispetto e senso civico.

Campagna salentina
Ma, siamo proprio sicuri che vogliamo questa deriva? Vogliamo attrarre per la bellezza della nostra terra o per lo sballo senza regole?

Da amante della mia terra, sono il primo a sponsorizzare il Salento ad amici e conoscenti sparsi in Italia e nel mondo. E proprio per amore della mia terra, non voglio più assistere alle sopracitate scene di degrado. E come me, immagino non lo vogliano la stragrande maggioranza delle persone.

L'invito che vorrei fare a ognuno di noi è di difendere i tesori che abbiamo ereditato e che vorremmo i nostri figli e nipoti ereditassero senza alcuna perdita in bellezza e qualità. L'invito che faccio alle istituzioni è di realizzare un modello di turismo sostenibile, garantire maggiori controlli, maggiore organizzazione e applicazione della legge contro i trasgressori, che siano essi turisti o residenti.

giovedì 12 maggio 2016

Lanciatori di...bottiglie.

I bartenders del mondo si sono incontrati mercoledì 4 maggio a Brindisi per un appuntamento giunto, ormai, alla quinta edizione: la Flair Combat. La competizione ha coinvolto ben 44 partecipanti, uniti da un'unica grande passione: il flair.

Il termine "flair", coniato in America, indica la serie di movimenti che permette al barman di preparare un cocktail con acrobazie "costruite" per velocizzare e creare un piccolo show adatto ad intrattenere il cliente finale. Un duplice scopo che trasforma l'attesa per il proprio drink, in uno spettacolo tutto da seguire. Nel giro di pochi minuti, in base all'abilità e alla fantasia del barman o della barlady, potreste trovarvi di fronte bottiglie e bicchieri che volteggiano in aria, regalando vere e proprie coreografie mozzafiato.
Così è stato sullo stage allestito nella discoteca "0831" dal carismatico Chicco Greco e dalla sua scuola New Bar Concept, organizzatrice e promotrice dell'evento. Già dalle ore 11 del mattino si è dato il via alle prime esibizioni valide come qualificazioni per accedere in finale. La giuria, composta da Matteo Esposto, Gianluigi Bosco, Federico Cassini, ha valutato ogni singolo competitor tenendo conto, tra l'altro, di originalità dei vari movimenti e "showmanship" ovvero il potere di coinvolgere il pubblico durante i minuti di esibizione. Conquistare gli spettatori è stato semplice grazie alle mirabolanti performance, sempre accompagnate da tracce musicali che hanno scandito in maniera sincronica ogni singolo movimento.

La manifestazione, come ogni anno, è stata anche vetrina per i vari sponsor mondiali e locali, tra cui Red Bull e Finest Call, e punto di incontro per tutti coloro che sono ingranaggio attivo in un settore sempre più strategico nel Salento.

Tra i partecipanti anche due barman salentini Tiziano Mauro Pati e Claudio Carratta, che hanno unito al duro allenamento anche, e soprattutto, la grande passione per questo lavoro diventato, se si può dire, uno stile di vita.

Il livello dei competitors all'evento è stato alto anche in questa quinta edizione, anche se si inizia a notare il "cambio generazionale" che abbassa l'età media degli iscritti. Assenti grandi nomi della scena internazionale del flair come l'argentino Rodrigo Delpech e l'italianissimo Bruno Vanzan, il quale ha voluto salutare il pubblico salentino con un videomessaggio proiettato nella prima parte della serata.

Sebbene si siano difesi egregiamente, il podio non è stato conquistato dagli italiani, ma al primo posto dal lettone Deniss Trifanovs, al secondo dal romeno Luca Valentin e al terzo dal polacco Marek Posluszny. Quarto posto per lo spumeggiante Giorgio Chiarello e barlady vincitrice è stata la briosa e bravissima Daniela Istrate.

La peculiarità di tutti i protagonisti dell'evento è l'umiltà che li  contraddistingue. Parliamo sempre di professionisti, in alcuni casi di personaggi visti in tv, volti notissimi nel panorama della mixologia o del flair bartending, che potrebbero tranquillamente dimostrare di essere "una spanna più in su" e invece sono ragazzi con i piedi ben piantati per terra, che conoscono perfettamente cosa vuol dire sacrificio e duro lavoro. Si incoraggiano a vicenda, si sostengono in gara, si congratulano a fine esibizione e conoscono la "sana competizione", lanciando un chiaro messaggio a tutti quelli che vogliono intraprendere questa professione.


mercoledì 11 maggio 2016

Le Cronache di Lenthindoen - Libro I, La guerra degli ordini - Capitolo: La scelta

Eppure lo sapeva, lui ne era a conoscenza, quel gesto andava compiuto, perché era giusto; giusto, una parola, un mondo, una vita, la vita, l'infinito.
Era  forse corretto cedere all'oblio? Accogliere il più profondo nero esistente e renderne una parte alla nostra anima? Non è forse la raffigurazione del nulla, del vuoto e dell'immateriale?
Axir ne era conscio: "il sacrificio per il progresso", se lo ripeteva sempre ogni qualvolta le situazioni andassero fuori controllo e oltre ciò che aveva previsto.
Guardò il suo braccio sinistro con sguardo malinconico e fissò il tatuaggio che aveva inciso sopra quando entrò nell'ordine dei Pentavielem: "La luce nell'oscurità".
"È il momento di compiere una scelta, devo farlo!" pensò senza lasciarsi andare a dubbi fuorvianti, cosi si inginocchiò e mise la mano sopra la pietra blu scarlatta, lasciata dal demone mezzolupo che li aveva sconfitti in battaglia, riempiendo l'aria di cattivo odore molto simile alla putrefazione e di un profondo buio; i raggi solari difatti rimanevano riflessi all'esterno entrando molto flebilmente, quasi spaventati, all'interno di questa sfera magica nera trasparente.
Dopo aver compiuto il gesto, Axir pronuncio le parole del suo ordine:
"Nella luce noi viviamo,
perché il fine superiore noi serviamo;
nel riflesso noi ci rispecchiamo,
perché la vita noi serviamo;
la verità noi doniamo,
perché la luce nel buio noi siamo".
A quelle parole, seguì un assordante silenzio, gli alberi smisero di muoversi, il vento cessò di esistere, il buio circostante si fece ancora più tetro e il respiro dei due compagni sacerdoti elfici Mhonia e Terin, inermi a terra, si fecero più lenti. Tutto sembrò rallentarsi, distaccarsi.
Così, vi fu un'improvvisa luce blu mista ad un sottile bianco ed Axir sparì nel nulla assieme alla pietra.
Tutto riprese il suo regolare e ciclico corso, il vento accarezzò gli alberi, i raggi solari ripresero ad illuminare l'area, gli insetti a brulicare nei tronchi d'albero e i compagni a respirare normalmente e con sofferenza.
Mhonia, in uno stato semi cosciente, si trovava a terra con la staffa magica a tre metri di distanza ed i sacri vestiti strappati che facevano intravedere profonde ferite sul torso.
"Axir... perché?... non è giusto... aiuto" disse con molta debolezza e ruotò la testa verso Terin, che era con gli occhi chiusi, privo di sensi in posizione rannicchiata  e cercò di avvicinarsi alzando leggermente la spalla destra, ma il dolore era troppo forte e si ristese a terra.
Passò qualche secondo e mentre ansimava pensò in preda al panico: "Devo avvisarli!! I miei compagni vanno avvertiti!";  si alzò di scatto lanciando sterili urla in preda a dolori lancinanti, guardò il cielo indicandolo con l'indice della mano destra e gridò: "EGHIULTAVIN ELEM!".
Il suo corpo prese a brillare di un bianco intenso, gli occhi diventarono gialli e un raggio intenso bianco e giallo partì verso il cielo ed a una certa altezza si disperse in tutte le direzioni, facendo un forte rumore; gli occhi di Mhonia tornarono al loro stato naturale, marroni, e cadde a terra, sbattendo la testa .
Tornò il silenzio accompagnato solo dal vento e dalla piccola natura circostante.
Lì, in quel mondo dove il male racchiude il bene e viceversa, era giusto affrontare il male accogliendolo? Forse no, forse si. Ora però Deumixon era riuscito nel suo intento, probabilmente.




"Dove il buio risiede, la luce può arrivare"
Dalle scritture di Minielhin, Dotihil stregone di Galtiria






martedì 10 maggio 2016

100 passi di legalità

Cari lettori, spero che tutti voi abbiate avuto modo di conoscere (o quantomeno sentire nominare) Peppino Impastato. Peppino paga con la vita il suo impegno a favore della legalità. Le sue denunce continue contro la mafia lo porteranno ad avere avere molta popolarità e, purtroppo, anche dei nemici. Venne assassinato il 9 maggio 1968 a Cinisi, anzi per l'esattezza venne legato ai binari della ferrovia e fatto saltare in aria con la dinamite.
Con questo articolo vorrei farvi riflettere: quanti passi noi Italiani abbiamo fatto verso la legalità? Ed ancora, quanti altri  Peppino dovranno sacrificarsi per poter avere un cambiamento?
Peppino è stato tra i primi Martiri della mafia.
Da quel 9 Maggio 1978 è cambiato qualcosa nelle coscienze di noi italiani?
Sicuramente la tecnologia ed il progresso hanno portato alla sensibilizzazione delle coscienze, perché se non fosse stato per internet, non avrei potuto documentarmi in modo rapido su fatti accaduti prima della mia nascita.
Sicuramente tutti gli avvenimenti che si sono succeduti fino ai nostri giorni non mi fanno pensare e sperare bene. Gli anni '90 con le stragi di mafia, hanno segnato un periodo ancora più buio.
Oggi viviamo nel ricordo di quegli anni e di quelle vittime.
Però credo che arrivati a questo punto, il ricordo non serva a nulla!
Noi italiani siamo capaci di cambiare?
Nei vari viaggi che ho fatto all'estero, ho incontrato gente che mi ha detto che noi italiani nasciamo mafiosi, perché è nel nostro DNA. Quindi, finché noi non cambieremo le nostri abitudini ed i nostri modi di fare resteremo tali. 
Noi, nel nostro piccolo, nelle nostre vite, nel nostro quotidiano abbiamo notato dei cambiamenti? Ci rendiamo conto che queste vite spezzate stanno raccogliendo i frutti?
Non basta ricordare il 9 Maggio di ogni anno sui vari social network con frasi o foto il martirio di Peppino, o il 23 Maggio scrivere tutti in coro le frasi celebri di Giovanni Falcone ecc... ecc...
Troppo semplice.
Credo che oggi ognuno di noi debba interrogarsi, chiedersi: "devo ricordare solo un giorno all'anno Peppino, Giovanni o Paolo e tutti coloro che si sono sacrificati per questa causa? Oppure ogni giorno devo svegliarmi e credere nella legalità e professare il loro modo di vivere?".
Non per forza dobbiamo lottare contro la Mafia in quanto tale. Ma il rispetto delle piccole cose, nella vita quotidiana vuol dire essere testimoni della legalità!
Vi lascio riflettere e chiudo la mia  riflessione con la frase di un grande uomo. Un uomo che non ha lottato direttamente contro la mafia, ma il suo grande sapere lo ha reso senza dubbio una persona saggia oltre che un grande scienziato. Ma soprattutto un grande uomo che ha dato la colpa ai suoi simili che se ne stanno fermi li a guardare mentre tutto va a rotoli!

Il mondo è quel disastro che vedete, non tanto per i guai combinati dai delinquenti, ma per l’inerzia dei giusti che se ne accorgono e stanno lì a guardare.
(Albert Einstein)

Buona riflessione

lunedì 9 maggio 2016

Wine tasting di qualità

Nell'incantevole cornice del Chiostro dei Domenicani di Lecce, si è tenuto la sesta edizione dell'evento "Wine tasting di qualità" organizzata da uno dei più grandi distributori di food & beverage del Salento: Linciano Liquors. E potevamo noi esimerci dall'andare a visitare questa fiera di sapori da tutta Italia? Ovviamente no, sopratutto per poter dare a voi lettori di GenericaMente un resoconto della giornata.

Assieme a Davide, prode ed instancabile fotoreporter, abbiano iniziato il percorso con una azienda di Melendugno (Le), Le Sciare, nel cui stand un casaro dai toni molto vintage ci ha offerto dei formaggi (caciotte, ricotte e robiolini) di latte di pecora, capra e mucca, sia conditi con cannella o zenzero, sia stagionati in carbone vegetale. Profumi di un tempo e sapori molto intensi uniti all'accostamento di spezie insolite ma vincenti.



                                         Le Sciare, formaggi tipici Salentini



Ci spostiamo di qualche stand e subito rimaniamo colpiti dai vasetti di conserve che campeggiavano sul tavolino: crema di carciofi, pesto di rape dolci e piccanti (di cui siamo stati omaggiati con nostro immenso piacere), una conserva di pomodoro classica davvero deliziosa e la salsa ai pomodori gialli, novità recente sul mercato.
Rimanendo in zona, ci siamo fermati a parlare con Lorenzo il quale ha portato i prodotti del Pastificio Mancini, una azienda agricola (ossia che preparara la propria pasta con la farina del grano che loro stessi coltivano) di Monte San Pietrangeli (Fm); parlare con lui è stato un vero piacere e ci ha trasmesso tutta la passione che sta in ogni pacco di pasta: l'azienda è attiva da 80 anni ma solo da 6 ha iniziato a produrre il prodotto che più ci ha reso celebri nel mondo!! I formati proposti erano davvero interessanti, così come il packaging molto accattivante. Lo ringraziamo per il dono fattoci e proseguiamo il viaggio nel settore food.


                                         Pastificio Mancini, Marche



Cambiando stanza incontriamo Le Saittole, un'azienda di Castri di Lecce che ci ha proposto delle olive da aperitivo molto particolari: le kalamata, una cultivar originaria della Grecia ma impiantata nel Salento da cui si ottengono olive grandi, polpose e col nocciolo piccolo; da queste olive poi hanno preparato diversi tipi di patè tra i quali ha trovato il nostro positivo riscontro quello con pepe e menta. Tra gli oli proposti ci ha colpito molto quello di olive koroneiki, altra varietà di origine greca, il quale è molto aromatico e fruttato, delicato in bocca ma deciso e pungente subito dopo.
Concludiamo con l'Azienda agricola De Castro, di proprietà di due sorelle di San Pietro Venrotico (Br), e la sua pasta di 100% grano Saragolla, una varietà antica di grano duro molto particolare e poco conosciuta; sono molto curioso di provare questo prodotto (anche perchè la pasta già cotta è stata razziata selvaggiamente dagli altri avventori della fiera), e dopo il dono di una confezione da parte di una delle due sorelle, la prova è molto più fattibile!

Passiamo ora alla parte del beverage, iniziando con le bollicine.Siamo partiti con la Cantina Derbusco Cives, il cui nome sta per "abitanti di Erbusco", toponimo del '500 della capitale morale della Franciacorta. Questa azienda è nata nel 2004 dall'idea di cinque amici ed il logo richiama appunto il segno che i cinque calici di vino lasciano sul tavolino del bar; uno dei soci ci racconta dei loro spumanti realizzati tutti con lunghe maturazioni sui lieviti ed una particolare tecnica di rifermentazione in bottiglia che si differenzia dal classico champagne poichè al posto dello zucchero di canna si usa del mosto selezionato.


                                         Derbusco Cives, Franciacorta



Sullo stesso tavolo di servizio assaggiamo anche i prodotti dell'Azienda agricola Marco Porello, in particolare due bianchi molto particolari: un 100% favorita (vitigno parente del vermentino, arrivato dalla Liguria seguendo la Via del Sale, ma con antenati sardi) annata 2015, molto intenso sia sul piano aromatico che gustativo, con una nota minerale molto intensa dovuta al terreno molto ricco di sabbia; il secondo vino era un 100% arneis, altro vitigno autoctono delle zone del Roero.



                                         Marco Porello, Langhe



La maggior parte del nostro tempo però lo abbiamo passato al banco dell'azienda altoatesina Roner, famosa per i suoi distillati ma anche per i vini della linea Ritterhoff. Per primo abbiamo assaggiato il Lenz, un vino ottenuto da un blend di tre vitigni: moscato giallo (per l'aromaticità), chardonnay (per la struttura) e muller-thurgau per il gusto. Il secondo vino degustato era il classico gewürztraminer, vitigno della zona storica di Termeno (Tramin) che cresce su un terreno argilloso misto a sabbia ad una altitudine di 450m s.l.m.; esso ha una resa più bassa che si traduce in un più ampio bouquet di profumi. Il terzo vino provato era un 100% lagrein, vitigno autoctono di Bolzano, dagli intensi riflessi rubino ed un aroma che richiamava frutti di bosco e cioccolato. Passiamo dunque a liquori e distillati: dopo le due ottime grappe assaggiamo il liquore ai fiori di sambuco (dal sapore che mi ricordava le caramelle Rossana) con cui, aggiungento prosecco e menta, si prepara il cocktail Hugo e concludiamo cou un dry gin meraviglioso distillato con aggiunta di pigne di pino cirmolo (si raccolgono ogni due anni), achillea, radice di violetta, radice di genziana e altre spezie che contribuiscono a renderne il sapore unico. Non mi sono privato, infatti, di un gin tonic con questa meraviglia prima di tornare a casa!!



                                         Ritterhoff, Alto Adige



Tra le curiosità assaggiate trova posto nella mia recensione il "barolo chinato" (no, non vuol dire che sta a pecora), un vino aromatizzato con china, rabarbaro, cardamomo e altre spezie. È un prodotto che si ottiene dopo circa 10 anni: almeno 4, da disciplinare, per essere un barolo DOCG, e poi altri 7/8 anni di maturazione in botte dopo l'aggiunta di una soluzione idralcolica speziata. Quando è pronto? Semplice, solo quando l'assaggiatore non è soddisfatto del prodotto! Io lo consiglio con il cioccolato, da paura...

Abbiamo concluso il nostro tour con l'assaggio dei (purtroppo pochi) passiti tra cui vale la pena annoverare Le ricordanze (azienda Taurino) 2001 e 2009, di uve semillon e riesling italico, il passito rosso di amarone (azienda Tommasi) e un vin santo, il Tre Rose (azienda Bertani di Montepulciano, Siena).

                             
                                 
                                          Distillati vari

Considerazioni sull'evento decisamente positive; la maggiorparte degli espositori era molto entusiasta di parlare con noi e la scelta del food & beverage proposti era di altissimo livello (anche grazie ai cuochi chiamati a preparare i piatti al momento). Ringrazio anche lo speziale di Linciano, a cui farò presto visita per prendere un poco di aromi particolari per.... beh, sorpresa!!

sabato 7 maggio 2016

Altro che Talent...qui è questione di Talento

Giuliano, Andrea, Emanuele, Ermanno, Andrea e Danilo. Per alcuni sono dei nomi messi lì a caso ma, in realtà, sono meglio conosciuti con il nome de I NEGRAMARO. Se non li conoscete, prima vergognatevi per almeno 10 minuti in assoluto silenzio e poi provate ad ascoltare a tutto volume una loro canzone e non potrete più farne a meno. Ieri sera sono stata ad un loro concerto al Palamazzola di Taranto e le emozioni provate ascoltando le loro canzoni sono difficili da descrivere ma ci proverò lo stesso. Ogni canzone, ogni parola, ogni nota si incastra perfettamente con un momento preciso della tua vita, non importa quale, ma avverrà sempre. Una delle loro caratteristiche, a parte la voce meravigliosa di Giuliano Sangiorgi e la bravura degli altri componenti del gruppo, si trova proprio nelle parole delle canzoni e nel ritmo: che tu sia incazzato, triste, malinconico, felice o carico ci sarà SEMPRE una canzone che sembra cucita addosso a te come un abito su misura.


Penso che qualsiasi parola che io dica possa sminuire la bravura di questi ragazzi uniti da una grande amicizia di ben 13 anni. Non stiamo parlando di una band nata e scoperta grazie ai Talent che ormai hanno invaso le nostre vite; niente X-factor, nè Amici, nè The Voice ma si parla di una vera e propria gavetta che hanno dovuto fare per far sentire la loro voce. Sono apparsi per la prima volta a Sanremo con il brano "Mentre tutto scorre" e non tutti hanno creduto nella loro bravura. Ma il sold out di queste prime date del tour "La rivoluzione sta arrivando" continua a ripagare tutti i sacrifici che hanno fatto e che li fanno rimanere umili tanto da bloccare il concerto per 10 minuti; si erano infatti resi conto che una persona tra il pubblico si era sentita male e hanno ripreso a suonare solo dopo essersi assicurati delle condizioni del/della ragazzo/a.

Mi ha colpito molto la canzone "La rivoluzione sta arrivando" da cui prende il nome il nuovo album: è una canzone dedicata alla Terra e a quanto questa sia stata ritenuta scontata ed eterna quando invece non ci rendiamo conto che, se si trova in queste condizioni disastrose, la colpa è solo nostra ma che comunque non è troppo tardi per salvarla. Vi invito ad ascoltarla e a fare attenzione in particolare ad una parte del testo "...lo senti chi ti parla è l'universo, lo fa da sempre ma non eri attento, e ora che lo ascolti è il tuo momento, di fare un salto per cambiare il mondo, ehi salvala, la rivoluzione sta cercando la soluzione dentro il mondo, e tu quale mondo sei?".


Devo solo dare una nota di demerito alla serata di ieri e cioè la gente che non si è minimamente mossa dalla sedia. Come si fa? Come fate a non muovere neanche per sbaglio la gamba al ritmo di Nuvole e Lenzuola? Come fate a non urlare MERAVIGLIOSO nel magico momento di omaggio ad un altro mito della storia della musica italiana DOMENICO MODUGNO? Ero già stata ad un concerto dei Negramaro all'arena di Verona e pensavo che la staticità di molte persone fosse dovuta più alla location; ma dopo ieri ho capito che ad alcune persone piace comprare il biglietto per un concerto rock e starsene sedute senza muovere neanche i muscoli delle palpebre. E come direbbe Giuliano Sangiorgi "ma ce CAZZU be tice la capu?"

New York Underground

Cari lettori, oggi vi porterò in viaggio nella città che mi ha sempre affascinato.
New York, è la meta preferita di molti viaggiatori ed io ho avuto la fortuna di visitarla due volte.
In questo articolo troverete delle foto e tante notizie utili per il vostro viaggio!
Il titolo ha un significato differente da quello che si pensa: non vi porterò in giro nei luoghi sotterranei della "Grande Mela", bensì in una piccola cittadina della provincia di Lecce. Lì dove ogni giorno i contadini si prendono cura dei grappoli d'uva, per dare vita al Salice Salentino DOC, precisamente a Guagnano.
Voi vi chiederete, cosa unisce Guagnano alla "Grande Mela"?

IL 23 Aprile, ho avuto il piacere di essere ospite della cantina Moros di Guagnano, un luogo senza tempo, dove il passato si unisce al presente. Un luogo che mi ha colpito dal primo giorno che l'ho visitato, ed è proprio qui, nella loro cantina, nell'attuale bottaia, dove un tempo si usavano i fermentini in cemento, con le pareti ancora intrise si vinaccia che parte la mia storia. Oggi c'è un luogo magico, che può ospitare chiunque, anche la mia mostra fotografia di New York!
Insieme ad un mio amico e compagno di viaggio, abbiamo raccolto le foto più significative e le abbiamo esposte per un viaggio alla scoperta della "Grande Mela".

Cari lettori, se vi trovate nei pressi di Guagnano, vi consiglio di fare una visita guidata nella cantina, non troverete le mie foto, però il luogo vi incanterà ugualmente!
Buona Visione





nella foto sopra potete osservare un particolare della bottaia, una piccola botte di rovere in cui matura del Salentino Doc.


NYC particolare del ponte di Brooklyn, questa foto è stata scattata nell'ultimo tramonto dell'anno era il 31 dicembre.




"mi trovato sul battello mentre mi dirigevo verso la statua della libertà, il gabbiano nella foto ha deciso di seguire la nostra scia per tutta la durata del viaggio".


La foto sulla destra rappresenta Times Square in modo insolito, è scattata all'alba, unico orario della giornata in cui la piazza è deserta!




Ringraziamenti: ringrazio vivamente per aver ospitato la mia mostra Alessandra Quarta, organizzatrice e curatrice degli eventi. Il Dott. Claudio Quarta titolare della cantina, che col suo impegno sul territorio ha lanciato un'idea di cantina e di avvicinamento al mondo del vino differente.
Ringrazio tutto lo staff che è stato disponibile ad accogliermi.
Ringrazio i miei amici e le persone che incuriosite dalla serata vi hanno partecipato.
Ringrazio Mauro, il mio compagno di viaggio per aver condiviso con me questa mostra.
Ringrazio tutti voi lettori che avete dedicato del vostro tempo alla lettura del mio articolo.
Al prossimo viaggio!


venerdì 6 maggio 2016

Che ne sanno i 2000... Ma che ne sanno veramente!

L'ultima trovata su Facebook, Twitter e altri social è "che ne sanno i 2000", pagine e pagine cariche di nostalgia che con gli hashtag #machenesanno e #machenesannoi2000 condividono immagini di un decennio magico, che ci siamo appena lasciato alle spalle ma che sentiamo maledettamente distante e inafferrabile. 

Tralasciando il paradosso che nella maggior parte dei casi a condividere i post sono ragazzi nati nel 1999, per me e per tutti i lettori nati negli anni 80, credo che il decennio che va dal 1995 a 2005 sia stato un periodo davvero particolare, oserei dire quasi storico, perché ha segnato la fine di un’epoca.

Non voglio star qui a parlarvi di Commodore 64, Play Station 1, musica dance, cinepanettoni, biglie da mandare in buca all’uscita di scuola, Beverly Hills e Power Ranger, scooby-doo intrecciati o a spirale, Nokia 3310 e snake, mamma ho perso l’aereo, Sarabanda o la carta amici della TIM.

Ciò che veramente mi preme condividere sono le emozioni e gli stati d’animo che noi adolescenti di quegli anni abbiamo vissuto.

Il futuro era luminoso, non si sentiva mai nominare la parola crisi. Alla domanda cosa farai da grande nessuno rispondeva “spero di entrare nell’esercito”, tutti avevano un sogno ambizioso, e nulla, ma proprio nulla, sembrava potesse ostacolarlo!

La musica dance era stupenda, meravigliosa, ricordo con chiarezza che faceva quasi tremare. Ma pensandoci bene non era la canzone in sé a far tremare, ma il ricordo che quell’ascolto richiamava. Perché negli anni 2000 era d’obbligo uscire in comitiva la sera, si viveva quasi esclusivamente in funzione del weekend, momento della settimana per poter incontrare i propri amici. E nelle serate d’inverno era solito ritrovarsi a casa di qualcuno a guardare un film e mangiare una pizza o trasformare il vecchio garage nella più lussuosa delle discoteche e ritrovarsi in pochi metri quadri a respirare boccate di libertà. La vita era intensa, ogni momento aveva un sapore (e una canzone) speciale.

Per la gioia dei papà e delle mamme oggi i ragazzini preferiscono lo smartphone allo scooter. Per noi lo scooter era semplicemente tutto, perché il mare, le montagne o i campi in fiore ci piaceva ammirarli con i nostri occhi, non su instagram. Con cinquemila lire di benzina si conquistava il mondo.

Ogni sms era prezioso, se una ragazza ti mandava il buongiorno, probabilmente le piacevi. Spesso il credito era insufficiente, ma tra uno squillo e il 4888 si tirava avanti.

Le ricerche si svolgevano sulle enciclopedie, poco immediate ma dal fascino inarrivabile. E poi era l’occasione giusta per studiare insieme gli amici, dal momento che in pochi la possedevano.

L’accesso ad internet era solo per scaricare qualcosa da emule, per il resto non serviva, tutto ciò di cui avevamo bisogno era là fuori, bastava “cliccare” sulla maniglia della porta di ingresso.


I nati nel 2000 vivono in un mondo ultratecnologico, immediato, dove chiunque può avere accesso a qualunque cosa e si ha la sensazione di non essere mai soli (o di non essere mai in vera compagnia). Che ne sanno i 2000 di quando il mondo era senza smartphone, senza facebook e senza aggiornamenti in tempo reale e ciò nonostante si sognava ad occhi aperti e si viveva affamati, folli, desiderosi di conoscere e, soprattutto, felici.