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mercoledì 29 novembre 2017

La neve, un violino e un po' di miele

"Scrivere è avanzare parola dopo parola su un filo di bellezza, il filo di una poesia, di un'opera, di una storia adagiata su carta di seta. Scrivere è avanzare passo dopo passo, pagina dopo pagina, sul cammino del libro."

Tre libri, tre romanzi brevi ma intensi, tre colori tra sogno e realtà. Questo è ciò che ci troviamo davanti quando ci avventuriamo a leggere le prime tre opere dello scrittore francese Maxence Fermine: Neve, Il violino nero e L'apicoltore. Assieme sono conosciuti come "la trilogia dei colori", un tris di racconti in cui i colori (il bianco della neve, il nero del violino e l'oro del miele) non sono l'unico elemento in comune; alla base dei tre libri, quasi a fare da filo conduttore, c'è un sogno. Un sogno di rivalsa, di indipendenza, di volontà; ma anche un sogno, inteso nella sua accezione più onirica, in cui la figura femminile si presenta come una rivelazione meravigliosa e voluttuosa ma allo stesso tempo è un tormento che logora l'animo dei tre giovani protagonisti finché non raggiungono la vera epifania delle loro vite. Ed è il viaggio lo strumento attraverso cui potranno trovare loro stessi: c'è chi parte per migliorare la propria arte, chi per inseguire un folle sogno e chi invece, lo fa perché costretto dalla guerra.

Nel primo libro, il protagonista Yuko entra in conflitto con il proprio padre poiché, rompendo la tradizione di famiglia che voleva i figli maschi intraprendere le vie della guerra o della religione, aveva espresso il desiderio di diventare scrittore di haiku. Egli era ossessionato dalla neve e dal suo candore, pertanto ne voleva cantare la bellezza con le sue poesie vibranti di passione ma prive di colore. Ben presto si ritrova in viaggio tra le montagne innevate del Giappone per raggiungere un maestro pittore (che scoprirà cieco) che gli avrebbe insegnato a vedere anche gli altri colori oltre al bianco della neve. Durante il suo viaggio, rischiando di morire, fa una scoperta che lo perseguiterà nei suoi sogni ma che lo porterà a scoprire qualcosa che lo legherà al maestro e a comprendere il proprio futuro.

"La neve è una poesia. Una poesia che cade dalle nuvole in fiocchi bianchi e leggeri. Questa poesia arriva dalle labbra del cielo, dalla mano di Dio. Ha un nome. Un nome di un candore smagliante. Neve."
Il protagonista del secondo libro è un violinista francese, Johaness, che ha iniziato a suonare il proprio violino da fanciullo e che da allora ha avuto come sogno quello di comporre un'opera. Costretto a partire in guerra, durante uno scontro venne ferito profondamente (le modalità ricordano quelle del ferimento del maestro di Yuko) e durante la notte passata agonizzante sul campo di battaglia ha come una visione, un sogno, di una donna che con la sua voce lo ha tenuto in vita fino a che il giorno dopo non è stato recuperato dai suoi commilitoni. Dopo essersi ripreso venne mandato a Venezia presso la casa di un rinomato liutaio, Erasmus, che tra una partita a scacchi e un cicchetto di grappa gli racconta la straordinaria storia legata al violino nero che era appeso sul camino, violino che avrebbe reso folle chiunque lo avesse suonato.

"É come la felicità. Una volta che la provi, ne resti marchiato a vita."

Aurelién è un giovane ossessionato dall'oro, ma non da quello vuoto e freddo del metallo prezioso, ma dall'oro altrettanto prezioso che le api producono: il miele! Decide di intraprendere il proprio mestiere di apicoltore in un piccolo paesino della Francia dove viveva con suo nonno coltivatore di lavanda. In seguito ad una tempesta, però, le sue arnie vengono distrutte e dopo diversi giorni chiuso nel suo sconforto, decide di partire per l'Africa dopo che in un sogno una donna lo chiamava a raggiungerla. Dopo aver trascorso lì tre anni ed aver incontrato personaggi che gli avrebbero cambiato la vita, è tornato in Francia per intraprendere una straordinaria impresa.

"L’esistenza meritava d’essere vissuta unicamente per i pochi istanti di magia che la attraversavano."

Il finale dei tre libri è un misto di disfatta e lieto fine, sapientemente mescolati assieme anche se a percentuali ogni volta differenti. L'amore, la follia, la passione, la sconfitta e la ribalta giocano assieme con la stessa armonia con cui le parole si mescolano ai colori e ai pensieri profondi del cuore.
Tre libri brevi ma intensi, da assaporare uno dopo l'altro in un fresco pomeriggio d'autunno.


"Ogni libro proviene da un sogno, e ogni sogno proviene da un libro."




lunedì 20 novembre 2017

Un libro, un gatto e il suo diario


"Sono un gatto, non credo di doverti dare altre spiegazioni"
Il mondo va così e ad ogni cinofilo si contrappone una schiera imprecisata di gattari; questo animale (se tale si può definire) è qualcosa di ancora sconosciuto e controverso. Adorato alla guisa di una divinità dagli antichi egizi, che a giudicare da cosa ci hanno lasciato in eredità non sembrano un popolo di sprovveduti, ma perseguitato nel medioevo poiché ritenuto diabolico. Il gatto unisce e divide, con il suo sguardo imperscrutabile e la sua mente furba, il suo fare pigro e ignavo ma allo stesso tempo fiero e indipendente. Daniele Palmieri ha provato ad entrare nella loro mente e a far scrivere, ad uno di loro, il pensiero felino su un comune diario. Ciò che ne è venuto fuori è un simpatico ed a volte profondo ritratto di questi pelosi compagni di vita di noi bipedi, noi stupidi bipedi, come spesso veniamo etichettati.

Dietro la fierezza di questo gatto nero si cela un carattere "umano" con le paure, la voglia di primeggiare, la dissimulata ricerca di ricevere e dare affetto, la goliardia a tratti prepotente e l'orgoglio di non voler ammettere di aver torto; ma si parla pur sempre di un gatto e quindi tutte queste debolezze vengono presentate con delle antitetiche "scusanti" che vanno sempre a favore del felino ("tremavano impauriti, accovacciati nella gabbia, non certo intrepidi come me che affrontavo spavaldo il pericolo rintanato nell'angolo").

Leggendo questo libro si alternano diversi sentimenti nei confronti del peloso protagonista, arrivando talvolta ad odiarlo; il finale è inaspettato e regala un insieme di emozioni che strapperebbe una lacrima anche al gatto più fiero (sia bene inteso, sicuramente non piangerà perché è sentimentale ma solo perché gli sarà entrata della polvere negli occhi!).

Ovviamente non mancano spunti di riflessione su molti temi prettamente umani ("incredibile quanti rifiuti producano gli umani: se si impegnassero a concepire pensieri quanto si impegnano a generare rifiuti, forse diverrebbero un po' meno stupidi. E produrrebbero meno rifiuti") e sfumature filosofiche sull'esistenza ("la morte è soltanto un passaggio oltre il velo che ci separa dal resto del mondo, un passaggio che ci fa diventare il resto del mondo").

In definitiva "Il diario di un cinico gatto" è una piacevole lettura che non richiede tantissimo tempo ma che ci mette davanti ad un nuovo modo di concepire la nostra esistenza guardandola con gli occhi dei felini con cui noi la condividiamo; occhi che, come dice una leggenda irlandese, ci permettono di vedere dentro un altro mondo.

"Molti non lo sanno, altri se lo dimenticano, ma questa è la verità. Gli umani non possono fare a meno di noi"
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Diario di un cinico gatto di Daniele Palmieri
edizioni Youcanprint