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lunedì 21 dicembre 2020

Lettera a mia nonna

 Ciao Nonna,

 

cosa meglio di una lettera per raccontarti cosa sta accadendo "ai miei tempi".

Sono passati pochissimi anni da quando ci hai salutato per l'ultima volta, eppure ho la sensazione che non crederai mai a tutto ciò che sto per scriverti.

Ti ricordi quante amuchine per le corsie di quell'ospedale che purtroppo era diventato un luogo a te così familiare? E ti ricordi con quanta noncuranza la gente vi passava a fianco?

Ecco, quella sostanza contenuta in quei flaconi da circa un anno è diventata preziosa e indispensabile, ciascuno di noi ne ha litri nelle proprie case, in macchina, in ufficio, ovunque praticamente, e per lunghi periodi è stata addirittura introvabile. Al pari delle mascherine chirurgiche nonna, quelle che indossavano (neanche tanto) medici e infermieri, ricordi? Ecco, adesso le indossiamo tutti, ogni qualvolta usciamo di casa o entriamo in contatto con altre persone, fatichi a crederci vero?

Sai, un brutto virus è entrato di prepotenza a far parte della nostra quotidianità, un virus che fa stare tanto male... e che nelle persone anziane o con qualche patologia pregressa può addirittura risultare letale.

Un virus, come quello dell'influenza, ma che... toglie il fiato, fa tossire, debilita, come una brutta polmonite.

Un virus che... toglie e basta nonna, ci ha tolto tanto, a molti purtroppo ha tolto tutto.

Solo in Italia sono morte decine di migliaia di persone con o per il virus, decine di migliaia di famiglie sono rimaste orfani dei propri cari, centinaia di migliaia di lacrime sono state versate.

Ci è stata tolta la libertà di abbracciarci liberamente nonna, o di respirare uno accanto all'altro, proprio perché è così che il virus si propaga tra di noi.

Ci è stata tolta la libertà di uscire, per lunghi mesi c'è stato il "lockdown", lo so che è una parola strana... ma tradotta la stranezza lascia spazio alla tristezza, perché significa restare chiusi in casa senza poter uscire per nessuna ragione se non per fare la spesa. Ma ci pensi? Per lunghi mesi dicevo... chiusi in casa senza poter andare a lavorare, a trovare i propri genitori, gli amici, le persone care e le persone in difficoltà... sai nonna.... tantissimi ammalati si sono ritrovati soli nelle lunghe corsie di ospedali, cliniche e case di riposo, abbandonati più che mai al proprio destino, ad affrontare la morte da soli, e te lo dicevi sempre... quanto fosse terribile affrontare la morte da soli.

C'è stato il lockdown durante il quale ciascuno di noi si è ritrovato a fare i conti con le proprie fragilità, improvvisamente quella sensazione di immortalità e supremazia nei confronti di tutto ciò che ci circonda ha piano piano lasciato spazio a scoraggiamento e paura, ha portato molti di noi a chiudersi in sé stessi, a riflettere sulla nostra condizione, a interrogarci nel profondo sui concetti di vita, felicità, futuro, eternità.

Ci è stato tolto il lavoro, e con esso i sogni, le speranze, la voglia di immaginare ad un domani colorato di serenità.

Già cara nonna, non ci crederei nemmeno io se non lo avessi vissuto, se non lo stessi vivendo sulla mia pelle.

Eh si perché ormai è quasi un anno che questa brutta bestia vive e si diffonde tra noi, e non è cambiato molto dall'inizio dell'epidemia, anzi... i "numeri" (si nonna, ogni giorno ci vengono comunicati tanti "numeri", che abbiamo imparato ad accettare come tali, ma che nascondono battiti che lottano o respiri che si fermano) sono sempre impietosi, parliamo di migliaia di persone che ogni giorno si ammalano e centinaia di persone che ogni giorno ci lasciano.

Non c'è più il lockdown ma adesso ci sono i colori. Non quelli per colorare, magari, aiuterebbe tanto un po' di colore ora che a prevalere è un generale grigiore. Hanno pensato bene di colorare le diverse regioni di giallo, arancione e rosso, e in base al colore sono state prese misure restrittive via via crescenti, come non poter spostarsi da un comune all'altro o non poter uscire se non per motivi di comprovata esigenza.

Se ti stai chiedendo come si incontrano parenti e amici... beh non si incontrano, abbiamo imparato a farci bastare sentirci in chiamata o vederci in videochiamata.

E poi c'è il coprifuoco alle 22, ci credi? Proprio come le storie che mi raccontavi tu, quando imperversavano guerra e dittatura. Non ti preoccupare però, se vieni trovato per strada dopo quell'ora non vieni processato per direttissima, ma solo multato... però sai, abbiamo imparato anche questo, che sommato a tutto quello che ti ho raccontato, ti fa capire come paura e privazione siano ormai due concetti che fanno parte delle nostre vite, che abbiamo appunto imparato... e che adesso ci appartengono.

Abbiamo imparato dicevo... ma mai accettato. E credo che mai lo accetteremo. Perché quando non è il virus ad uccidere, sono le privazioni a farlo. Siamo sempre più stressati, tristi, nervosi per un presente che non siamo liberi di vivere come vorremmo e come potremmo. E cominciamo anche a interrogarci sul senso di tutto questo... sul senso di una vita vissuta in questo modo, sul futuro che mai come adesso pare a giorni incerto, in altri inesistente.

Dobbiamo farci forza, lo so, mi diresti di affidarmi a qualcuno molto più in alto e più grande di noi, e lo sto facendo, stai tranquilla nonna. E so che passerà, prima o poi passerà e torneremo a riabbracciarci, a sorridere occhi negli occhi con chiunque, senza brutte mascherine che nascondono i nostri visi.

Sai, mi sono ricordato di quando da piccolo mi portavi quelle bellissime letterine di Natale, forse è proprio da quel ricordo che ho pensato di scriverti una lettera, una lettera da appendere all'albero di Natale o perché no, magari all'albero della vita, perché quale periodo migliore per rinascere... se non il Natale?

 

Ciao nonna, ti abbraccio forte forte come nei sogni nei quali spesso ci incontriamo e che mi fanno svegliare con gli occhi lucidi.

Ti voglio bene.

giovedì 10 dicembre 2020

Arrivederci, Diego, campione in eterno

In questi giorni ho visto (per la prima volta) un po' di giocate di Diego Armando Maradona e ho capito finalmente perché da molti è considerato il più forte calciatore della storia.
Già il ruolo che ricopriva probabilmente è il più affascinante nel gioco del calcio, il numero 10, il tuttocampista che riceve palla e decide cosa farne, mette in moto la squadra col suo genio fuori dal comune, serve assist deliziosi e finalizza, facendo sempre o quasi la scelta giusta, come se pensasse con i piedi e calciasse con gli occhi.

Ma in assoluto le immagini che più mi lasciano senza parole sono quelle in allenamento o nel riscaldamento; il rapporto speciale che aveva col pallone, credo di poter dire che per quella che è la mia conoscenza del calcio io non abbia mai visto nessun altro calciatore avere una tale confidenza col pallone... è come se è la palla tornasse da lui, tornasse sul suo ginocchio, sulle punte dei suoi piedi, sui tacchetti delle sue scarpe, sul suo petto o sulle sue spalle.
Eppure a vederlo non si direbbe, così basso e tozzo, con quelle gambe che nella piena maturità calcistica erano quasi sproporzionate rispetto al resto del corpo. 

Ma poi in campo diventava dio, stop che diventa dribbling, corsa sul fondo, rabona per la testa del compagno. 

E non ci dimentichiamo che nella sua esperienza a Napoli ha reso grandissima una squadra che sulla carta era di certo inferiore a tante altre, vincendo scudetti, coppe Italia e addiritttura una coppa UEFA. Un solo calciatore così determinante da trasformare i 10 intorno a lui e condurli verso la conquista di traguardi alla vigilia inimmaginabili.E a far gioire oltre ogni immaginazione un popolo fiero che mette il calcio sopra il sangue e sopra la fede, o allo stesso livello, perché fede e calcio da quelle parti lì si leggono allo stesso modo.

Ciao campione senza tempo, campione che hai saputo emozionarmi già solo guardandoti in spezzoni di video in quattro terzi.
Il campione e le gesta sportive che ti hanno contraddistinto ti hanno reso eterno, perché cosa è l'eternità, se non un ricordo che regala una emozione?
A D10 S

[Fabiano Frassanito]