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mercoledì 29 novembre 2017

La neve, un violino e un po' di miele

"Scrivere è avanzare parola dopo parola su un filo di bellezza, il filo di una poesia, di un'opera, di una storia adagiata su carta di seta. Scrivere è avanzare passo dopo passo, pagina dopo pagina, sul cammino del libro."

Tre libri, tre romanzi brevi ma intensi, tre colori tra sogno e realtà. Questo è ciò che ci troviamo davanti quando ci avventuriamo a leggere le prime tre opere dello scrittore francese Maxence Fermine: Neve, Il violino nero e L'apicoltore. Assieme sono conosciuti come "la trilogia dei colori", un tris di racconti in cui i colori (il bianco della neve, il nero del violino e l'oro del miele) non sono l'unico elemento in comune; alla base dei tre libri, quasi a fare da filo conduttore, c'è un sogno. Un sogno di rivalsa, di indipendenza, di volontà; ma anche un sogno, inteso nella sua accezione più onirica, in cui la figura femminile si presenta come una rivelazione meravigliosa e voluttuosa ma allo stesso tempo è un tormento che logora l'animo dei tre giovani protagonisti finché non raggiungono la vera epifania delle loro vite. Ed è il viaggio lo strumento attraverso cui potranno trovare loro stessi: c'è chi parte per migliorare la propria arte, chi per inseguire un folle sogno e chi invece, lo fa perché costretto dalla guerra.

Nel primo libro, il protagonista Yuko entra in conflitto con il proprio padre poiché, rompendo la tradizione di famiglia che voleva i figli maschi intraprendere le vie della guerra o della religione, aveva espresso il desiderio di diventare scrittore di haiku. Egli era ossessionato dalla neve e dal suo candore, pertanto ne voleva cantare la bellezza con le sue poesie vibranti di passione ma prive di colore. Ben presto si ritrova in viaggio tra le montagne innevate del Giappone per raggiungere un maestro pittore (che scoprirà cieco) che gli avrebbe insegnato a vedere anche gli altri colori oltre al bianco della neve. Durante il suo viaggio, rischiando di morire, fa una scoperta che lo perseguiterà nei suoi sogni ma che lo porterà a scoprire qualcosa che lo legherà al maestro e a comprendere il proprio futuro.

"La neve è una poesia. Una poesia che cade dalle nuvole in fiocchi bianchi e leggeri. Questa poesia arriva dalle labbra del cielo, dalla mano di Dio. Ha un nome. Un nome di un candore smagliante. Neve."
Il protagonista del secondo libro è un violinista francese, Johaness, che ha iniziato a suonare il proprio violino da fanciullo e che da allora ha avuto come sogno quello di comporre un'opera. Costretto a partire in guerra, durante uno scontro venne ferito profondamente (le modalità ricordano quelle del ferimento del maestro di Yuko) e durante la notte passata agonizzante sul campo di battaglia ha come una visione, un sogno, di una donna che con la sua voce lo ha tenuto in vita fino a che il giorno dopo non è stato recuperato dai suoi commilitoni. Dopo essersi ripreso venne mandato a Venezia presso la casa di un rinomato liutaio, Erasmus, che tra una partita a scacchi e un cicchetto di grappa gli racconta la straordinaria storia legata al violino nero che era appeso sul camino, violino che avrebbe reso folle chiunque lo avesse suonato.

"É come la felicità. Una volta che la provi, ne resti marchiato a vita."

Aurelién è un giovane ossessionato dall'oro, ma non da quello vuoto e freddo del metallo prezioso, ma dall'oro altrettanto prezioso che le api producono: il miele! Decide di intraprendere il proprio mestiere di apicoltore in un piccolo paesino della Francia dove viveva con suo nonno coltivatore di lavanda. In seguito ad una tempesta, però, le sue arnie vengono distrutte e dopo diversi giorni chiuso nel suo sconforto, decide di partire per l'Africa dopo che in un sogno una donna lo chiamava a raggiungerla. Dopo aver trascorso lì tre anni ed aver incontrato personaggi che gli avrebbero cambiato la vita, è tornato in Francia per intraprendere una straordinaria impresa.

"L’esistenza meritava d’essere vissuta unicamente per i pochi istanti di magia che la attraversavano."

Il finale dei tre libri è un misto di disfatta e lieto fine, sapientemente mescolati assieme anche se a percentuali ogni volta differenti. L'amore, la follia, la passione, la sconfitta e la ribalta giocano assieme con la stessa armonia con cui le parole si mescolano ai colori e ai pensieri profondi del cuore.
Tre libri brevi ma intensi, da assaporare uno dopo l'altro in un fresco pomeriggio d'autunno.


"Ogni libro proviene da un sogno, e ogni sogno proviene da un libro."




lunedì 20 novembre 2017

Un libro, un gatto e il suo diario


"Sono un gatto, non credo di doverti dare altre spiegazioni"
Il mondo va così e ad ogni cinofilo si contrappone una schiera imprecisata di gattari; questo animale (se tale si può definire) è qualcosa di ancora sconosciuto e controverso. Adorato alla guisa di una divinità dagli antichi egizi, che a giudicare da cosa ci hanno lasciato in eredità non sembrano un popolo di sprovveduti, ma perseguitato nel medioevo poiché ritenuto diabolico. Il gatto unisce e divide, con il suo sguardo imperscrutabile e la sua mente furba, il suo fare pigro e ignavo ma allo stesso tempo fiero e indipendente. Daniele Palmieri ha provato ad entrare nella loro mente e a far scrivere, ad uno di loro, il pensiero felino su un comune diario. Ciò che ne è venuto fuori è un simpatico ed a volte profondo ritratto di questi pelosi compagni di vita di noi bipedi, noi stupidi bipedi, come spesso veniamo etichettati.

Dietro la fierezza di questo gatto nero si cela un carattere "umano" con le paure, la voglia di primeggiare, la dissimulata ricerca di ricevere e dare affetto, la goliardia a tratti prepotente e l'orgoglio di non voler ammettere di aver torto; ma si parla pur sempre di un gatto e quindi tutte queste debolezze vengono presentate con delle antitetiche "scusanti" che vanno sempre a favore del felino ("tremavano impauriti, accovacciati nella gabbia, non certo intrepidi come me che affrontavo spavaldo il pericolo rintanato nell'angolo").

Leggendo questo libro si alternano diversi sentimenti nei confronti del peloso protagonista, arrivando talvolta ad odiarlo; il finale è inaspettato e regala un insieme di emozioni che strapperebbe una lacrima anche al gatto più fiero (sia bene inteso, sicuramente non piangerà perché è sentimentale ma solo perché gli sarà entrata della polvere negli occhi!).

Ovviamente non mancano spunti di riflessione su molti temi prettamente umani ("incredibile quanti rifiuti producano gli umani: se si impegnassero a concepire pensieri quanto si impegnano a generare rifiuti, forse diverrebbero un po' meno stupidi. E produrrebbero meno rifiuti") e sfumature filosofiche sull'esistenza ("la morte è soltanto un passaggio oltre il velo che ci separa dal resto del mondo, un passaggio che ci fa diventare il resto del mondo").

In definitiva "Il diario di un cinico gatto" è una piacevole lettura che non richiede tantissimo tempo ma che ci mette davanti ad un nuovo modo di concepire la nostra esistenza guardandola con gli occhi dei felini con cui noi la condividiamo; occhi che, come dice una leggenda irlandese, ci permettono di vedere dentro un altro mondo.

"Molti non lo sanno, altri se lo dimenticano, ma questa è la verità. Gli umani non possono fare a meno di noi"
Risultati immagini per diario di un cinico gatto
Diario di un cinico gatto di Daniele Palmieri
edizioni Youcanprint


lunedì 17 luglio 2017

L'attesa di un incontro

Le mattine si susseguivano uguali una dopo l'altra; di giorno in giorno la voglia di alzarsi presto per andare a lavoro era sempre di meno, per non parlare poi del doverlo fare nei giorni di pioggia…

La strada che ogni mattina percorrevo per raggiungere il mio ufficio è il tipico viale del centro in cui la gente ancora assonnata cammina distratta senza curarsi troppo di ciò che accade loro accanto. I negozietti, il bar e l'edicola sono le anime invisibili sotto i porticati ai lati del viale. E poi, come un'oasi nel deserto, faceva capolino tra i grigi mattoni un piccolo negozio con le vetrine colorate, dei fiori alla porta che permeavano di profumo l'aria pesante della città e una dolce musica che, ad udirla bene, richiamava alla mente l'atmosfera sognante delle notti orientali. Ma non era questo contrasto di calore nella fredda via ad attirare la mia attenzione. No. Come ogni mattina, infatti, la mia speranza era quella di incontrare la ragazza che lì ci lavora. Dio, come era bella: capelli corvini che lisci cadevano sulle sue spalle, il corpo morbido e sinuoso, le carnose labbra messe in risalto da un delicato rossetto e due occhi in grado, con un semplice sguardo, di cambiarti la giornata in un istante. E lei, lei forse aveva sempre saputo di avere questo potere che quasi sembrava si vergognasse a mostrarli.



Ecco, io non vi so dire come, ma il suo sguardo era per me aria dopo una lunga apnea, acqua nel deserto, gioia nella tristezza. E, in realtà, ci sarebbe anche un'altra cosa che non saprei dire, o meglio, che non le ho mai saputo dire. Di solito, passando davanti al suo negozio, la cercavo attraverso la vetrina sperando che mi vedesse e lei, come se mi aspettasse, al mio passaggio rispondeva con un immenso sorriso. Le poche volte che stava fuori e riuscivo a parlarle, non ero in grado di dirle più di un “buongiorno, come va oggi?” per poi continuare per la mia strada da una parte felice di essermi perso per qualche istante nei suoi occhi e dall'altra rammaricato di non averle mai potuto dire ciò che provavo per lei e ciò che lei, inconsapevolmente faceva per me.

Era una mattina come le altre, allietata dall'aria del week-end che stava per arrivare; poco prima di raggiungere il suo negozio, mentre già il cuore mi batteva impaziente, in un attimo di distrazione urtai contro un passante e caddi a terra spargendo sul marciapiede tutte le mie carte del lavoro. Non ebbi tempo di capire che cosa fosse successo che lei era già lì, accovacciata accanto a me a raccogliere i fogli che avevo disseminato:
“Hai fatto proprio un bel tuffo, eh?! Ti sei fatto male?”
“No, no, tranquilla” balbettai mentre il tempo pareva fermarsi al comando del suo sorriso.
Non l'avevo mai vista così da vicino ed ero incantato dal suo volto; avrei voluto accarezzare dolcemente le sue guance vellutate e darle un delicato bacio per ringraziarla. Ma, ahimè, ero talmente nel pallone che riagguantati i documenti, la ringraziai e me ne andai di fretta.

Questa scena mi ha accompagnato per tutto il giorno e anche nel week-end a seguire. Ma perché le parole che avrei voluto dire e i gesti che avrei dovuto fare mi vengono solo dopo?! Per quale beffardo scherzo del destino mi sono trovato così vicino a lei ma ne sono stato tanto distante?! Il mio animo si tormentava e fu così che mi feci coraggio e presi la decisione di andarle a parlare.

Era lunedì, passai la notte in ansia, ma poco male. Questo mi diede la possibilità di potermi alzare prima e passare dal fioraio a prendere un mazzo di fiori che potesse almeno un poco rispecchiare la bellezza dei suoi occhi. Imboccai il viale ma l'aria che si percepiva era diversa dal solito; pensai che fosse solo una mia sensazione ma era come se mancasse qualcosa. Non si sentiva la musica e da lontano non riuscivo a vedere nemmeno i colori delle vetrine. Al loro posto vi era solo una saracinesca abbassata, piena di scritte e disegni fatti con le bombolette, ed un foglietto affisso ad essa. Mi avvicinai di fretta, preoccupato, e con lo sconforto che mi assaliva lessi il contenuto di quell’avviso: “Miei affezionati clienti, sono costretta a cedere l'attività per tornare al mio Paese; vi ringrazio per la vostra fedeltà e cortesia. A presto, spero!”.
Il mio mondo cadde a terra assieme a ciò che avevo in mano. Lei era andata via all'improvviso, partita chissà dove e chissà per quanto, senza avere la possibilità di chiedere il suo nome, di salutarla per l'ultima volta, di ringraziarla per aver reso le mie giornate migliori. Mi maledivo ed ero furibondo con me stesso per non essere mai stato in grado di superare la mia timidezza.

Rabbia e rassegnazione erano in lotta tra loro nel mio cuore; tristemente abbandonai i fiori lì per terra, come a commemorare un caro defunto, e mi incamminai per la mia strada di sempre.
“Che fai, lasci qui questi meravigliosi fiori?” questa voce mi fece trasalire, mi voltai di scatto e la vidi; ero ancora lì a fissarla con aria incredula mentre lei raccogliendo il bouquet mi si avvicinò: “sai, il mio aereo parte tra poco ma non volevo andarmene senza prima averti salutato”.
Delle mille parole che mi ero preparato a dirle, non riuscii in quel momento a dirne nessuna e non perché la mia bocca si era bloccata come al solito ma perché le nostre labbra si stavano già baciando. 

martedì 30 maggio 2017

E intanto il tempo se ne va.....

Lo Stadio Olimpico stracolmo e colorato di giallo e di rosso. Un uomo che esce, apparentemente solo ma, in realtá, sospinto da 70.000 cuori, sulle note della colonna sonora de "Il Gladiatore". Tanti giri di campo, tanti saluti, lacrime, sorrisi, tanti abbracci..... Le musiche si susseguono, una più epica dell'altra. Striscioni campeggiano in ogni dove, e sono lettere d'amore..... Ne leggo diversi, uno non lo scorderó più.

Recita cosi: "Speravo de morì prima".

Capolavoro 

Piangiamo tutti. Piange l'uomo con la maglia giallorossa..... Ah no scusate, é semplicemente il colore della sua pelle. Piango io da casa. Piangono in settantamila allo stadio. Quando si dice attimi che sanno di eterno.
Ventotto anni circa di campo, di sussulti, di goal, di braccia al cielo...... Di ROMA.....  Piangiamo per la fine di una carriera irripetibile, per l'addio di un campione assoluto, per aver assistito ad un ragazzo che diventava fuoriclasse e al fuoriclasse che diventava leggenda.

E noi c'eravamo.

Piangiamo forse anche per noi stessi. Per l'ineluttabilitá del tempo, che se ne va sprezzante e incurante. Piangiamo perché se quegli anni sono passati per Totti, beh, allora sono passati anche per noi. Da  bambini lo abbiamo visto, seguito, amato e tifato..... Da maturi lo salutiamo commossi. L'epilogo di una storia, di una favola bella..... di un tratto, importante, di esistenza

Calcio ancora una volta metafora della vita. 

Tienitela addosso quella maglia capità, ancora e ancora. Per sempre. Ah no scusate, é semplicemente il colore della sua pelle.....

giovedì 11 maggio 2017

Workshop Universitario alla faccia della scienza :)


Tempo addietro in Università si sono presentati un ricercatore portoghese ed un professore molto apprezzato nel campo della ricerca. Il primo fa parte di un equipe che si occupa della ricerca nell'ambito del risparmio energetico nelle comunicazioni di oggigiorno (cellulari, telefoni, wireless e tutti gli altri mezzi dell Information Technology - ITC).
Risultati immagini per telefonataOVVIAMENTE parlava solo ed esclusivamente in inglese, ma io da buon studente amante delle lingue straniere (studio ingegneria) sono riuscito a comprendere la maggior parte del suo discorso (e ne ha dette), tutto condito da diapositive in inglese.

Faccio una premessa: nell'ambito delle telecomunicazioni, quando si esegue una telefonata, il telefono si allaccia ad una cella che fa parte di  un ripetitore (sistema d' antenna di trasmissione/ricezione, chiamato in gergo tecnico TX/RX), quindi in base alla località ci si attacca alla cella più vicina (le famose celle di cui si parla sempre per capire dove sia stato un ricercato, in ambito poliziesco), il tutto con l'ausilio satellitare.
Lo sapevate che l'aggancio ad una cella in termini energetici costa, e pure tanto?
Una parte dell'energia viene persa nell'aggancio, un'altra parte in operazione di suddivisione del canale e di frequenza  (operazioni di storage), un'altra per evitare interferenze ed alla fine la quantità di energia che si occupa del canale vero e proprio di trasmissione, è veramente poca.
Quindi l'obiettivo dei ricercatori è il seguente: sprecare meno energia in operazioni futili, concentrandosi unicamente sul vero problema: la comunicazione vera e propria.

Hanno pensato così di sviluppare un nuovo prototipo di ripetitore, a frequenze più basse (LF - Low Frequency), modificato e semplificato nella struttura (poiché quelli odierni sotto la struttura hanno decine, se non centinaia, di metri di fili in rame che si possono usurare): con questa innovazione si evitano tutti i cavi permettendo, con lunghezze molto inferiori, la diretta connessione alle stazioni digitali.
Il risultato? Efficienze energetica nettamente superiore che garantisce maggiore durata dei cellulare, migliore qualità delle telefonate e un sistema TX/RX più avanzato, con conseguente diminuzione dell'inquinamento elettromagnetico.
Ora però, passiamo al secondo: un professore che con la sua equipe ha vinto un bando per la NASA, presentando la coltura delle cellule in completa assenza di gravità nello spazio, questo per capire come le cellule rispondano allo sviluppo del proprio citoscheletro.

Dopo averci fatto capire la lentezza della burocrazia in merito, dicendoci appunto che se viene vinto un bando nel 2014 ed è innovativo, se potrà partire solo l'anno dopo o due anni dopo, rischia di diventare vecchio.
Ci sono state mostrate tutte le fasi dell'esperimento: coltura in situazioni completamente sterili, turni tra i ricercatori per evitare errori, planning/scheduler sul lancio della sonda (il primo lancio andò male e quindi dovettero riprogettare tutto, ma lo si era fatto già dopo aver finito la prima tranche, così da evitare tempi morti) e gli strumenti scientifici della NASA dove con una semplice richiesta si aveva tutto subito: "Serve questa sostanza!" ed ecco che subito arrivava tramite un nastro!

Il risultato dell'esperimento è che le cellule non presentano grosse differenze, rispetto al loro stato sulla Terra ,presentando uno scheletro cellulare quasi identico.
Direi che questo esito  può sembrare scontato ma non lo era per niente, ed anzi questo getta le basi per poter sviluppare a breve delle colture da cui poter ottenere dei prodotti di interesse commerciale per la nostra società.

Paolo Perrotta 

martedì 11 aprile 2017

Tagliamo i nostri fili

Ogni tanto mi piace ricordare a tutti che esiste un sistema, che in molti faticano ad accettare, negandolo o ignorandolo.
Ma c'è, fidatevi, c'è!
Ed è molto meno astratto di quanto si creda.
L'avvento di internet e dei social network poteva essere uno strumento potentissimo per smascherarlo, per far capire ai più chi davvero comanda, quale sia il vero stadio di conoscenze raggiunto in campo medico, tecnologico, fisico, astronomico.
Poteva esserlo, e credo che qualcuno si sia davvero preoccupato in una prima fase delle possibili conseguenze che una tale apertura mentale avrebbe provocato, se i grandi equilibri, quelli taciti che nessuna crisi economico-finanziaria o guerra abbiano mai scalfito, potessero per la prima volta vacillare.
Ma il sistema è il sistema. E se continua imperterrito a dettare legge un motivo ci sarà.
Anche internet e i social network sono stati "arginati", "censurati", "manipolati", "strumentalizzati".
I contenuti sono controllati alla fonte prima di essere diffusi, Facebook e Twitter fanno leva sulle debolezze delle carne: sesso e tendenze catalizzano l'attenzione, si (re)introduce in chiave moderna la parola "seguace", con accenzione positiva (che buffo).
Sui siti meno blasonati qualche notizia davvero scottante continua a circolare, qualche coraggioso cerca ancora di sfruttare al meglio la rete. Ma il sistema ha sempre la soluzione a tutto, è bastato introdurre il seme delle fake news, diffondere il sospetto delle notizia false per far annegare nel limbo del dubbio anche le ultime verità.
Uno strumento che poteva aprirci gli occhi che finisce per chiuderceli definitivamente.
Non vi chiedo di condividere queste parole, ne di pensarla esattamente come me.
Mi piacerebbe solo che ci rendessimo conto di non essere liberi, perché se lo fossimo veramente avremmo tutta un'altra concezione delle realtà.
PS: Avanti un altro, I soliti ignoti, Reazione a catena, Affari tuoi, Striscia la notizia vi mettono allegria a cena, prima di andare a letto, dopo un'intera giornata di lavoro e frustrazioni. Ah non ci avevate mai pensato? Un abbraccio.

venerdì 7 aprile 2017

Frittate e risate - il piatto forte di un alberghiero

Il nuovo anno scolastico per me inizia relativamente presto e con un radicale cambio di indirizzo rispetto ai precedenti; mi ritrovo a passare da dei docili licei ad un casinista e iperattivo alberghiero. In rete, ultimamente, potete trovare tanti meme che molto ironicamente "prendono di mira" gli studenti di questo indirizzo di scuola superiore; vi siete però mai chiesti se effettivamente ci sia qualche fondo di verità? Beh, di certo è tutto un po' amplificato ma, stando a contatto con questa realtà ogni giorno, posso dire che non bisogna faticare molto a trovare qualcosa di divertente a riguardo.
La mia alunnanza poi non è da meno e ogni giorno mi regala sempre una risata "fuori dal coro". Quando le convulsioni mi lasciano le facoltà di riportare sul mio quaderno le perle di saggezza degli studenti, ecco che sento profumo di soffritto e blog.

"Le acque possono essere superficiali o scavate" (sotterranee era troppo brutto).

Parlando di frittura e punto di fumo, ecco che mi consigliano di usare "l'olio di semola" (non ho ben capito se intendessero un mix di olio di semi in cottura e farina di semola per la pastella).

"L'enzima è una proteina che valorizza una reazione" (povere reazioni, hanno bisogno di aumentare la propria autostima e non di essere velocizzate).

"La struttura quartaria della proteina" (giustamente, dopo primaria, secondaria e terziaria).

"L'amido sta in Cina perché fanno molto riso" (ragionamento ineccepibile).

"Il DNA serve così sai che sei tu" (crisi di identità).

I cloroplasti diventano magicamente "cloropilli".

"Un esempio di acido grasso saturo è l'acqua" (quanto fa ingrassare l'acqua non avete idea).

Parlando di un loro compagno: "sudamericano è, e non sa manco l'americano" (giustamente).

Domanda: "in quali esseri viventi si trova l'amido?" Risposta: "La pasta".

"Gli steroidi stanno nello spazio" (che confusione, sarà che non studiamo).

"Gli amminoacidi esistenziali sono 8" (sarebbero essenziali, ma almeno il numero è giusto).

"Il DNA prende informazioni sulle proteine" (stalker).

"L'RNA prende dal DNA ciò che il DNA non può contenere" (qui mi rifiuto di capire).

"L'amatrice non era un diamante?" (magari prima del terremoto si, e comunque è l'ametista).

"Nel nucleo della cellula si trova il sangue".

"Il cromosoma è un tessuto".

"Il DNA si trova nel nucleo dell'organismo" (che?).

"Le scimmie dal collo corto erano denutrite" (l'evoluzione inciampa, la giraffa non mangia e la scimmia balla).

"I cromosomi si trovano nell'intestino" (vedi che succede a mangiare schifezze?).

"Dal gene si codificano una o più persone" (quando "proteine" incontra la dislessia).

"I cromosomi tengono un cronometro" (il "centromero" e la dislessia di prima).

"L'anidride carbonica non uscirebbe e la botte scoppiasse" (grammatica nun te temo!).


"Il minerale è una cosa fatta di acqua" (certo, l'acqua minerale).

"I terremoti si hanno in seguito al vento" (colpa della farfalla che sbatte le ali in Giappone).

"La riproduzione asessuata è quando il donatore fa le sue cose in un contenitore".

"La fase luminosa avviene con la luna".

"I cromosomi vanno a coppie come i gay" (io ne sapevo altri che vanno sempre in coppia).

"L'altro giorno scorso".

"I continenti erano tutti uniti e si litigavano" (ecco perché poi si sono allontanati).

"Le tre tipologie di rocce sono: stato, solido e liquido".

"Le cause principali dei terremoti sono i pianeti".

Per conservare i tuoi cibi usa la "carta castagnola"!!

"I cromosomi di una coppia sono definiti omosessuali" (ma omologhi è troppo difficile da ricordare?!).

Evolviamo diventa prima "evoluzioniamo", poi "evoliamo" e infine "evoluziamo" (e Darwin muto).

"La fase oscura avviene sia in presenza di luce sia che di non-luce" (perché dire sia in assenza è troppo mainstream).

"La sostanza che fa venire la fotosintesi è la clorofilla" (VM 18).

"Le rocce si formano in seguito allo scioglimento della lava" (era leggermente il contrario).

Il tenore di silice diventa "terrore di silice".

"Il sisma è un movimento delle molecole" (ma taaaaaante!!).

Chiedo "quali sono gli stati della materia?" e la puella mi risponde "Italia!".

"Il vulcano è una spaccatura di un extraterrestre" (non aveva captato bene il suggerimento "crosta terrestre").



Volete leggerne altre? Le trovate cliccando qui:
L'Universo secondo i miei alunni
Meiosi e mitosi riviste e corrette 
La scuola sta finendo, le risate no!

mercoledì 29 marzo 2017

Immagina... Vuoi?!

Un noto spot pubblicitario recitava:
Immagina... Puoi! La domanda è: Vuoi?!
Riflettiamoci un attimo. Quante volte immaginare un momento è molto più affascinante che viverlo.

Penso ad una tazza fumante tra le mani, davanti alla finestra, mentre fuori piove a dirotto.

Penso ad una partita di briscola a degustare un liquore al gusto di mandarino preparato in casa appositamente per l'occasione.

Penso ad un gruppo di amici, che in seconda serata (un tempo inventato) si ritrova per commentare i fatti del giorno.

Penso ad un viaggio in treno, in una notte particolarmente calda, con i finestrini aperti a dare conforto e una bevanda gassata ghiacciata stretta nel pugno, mentre da fuori fotogrammi scavano dentro, la mente divaga, immaginando di immaginare.

Penso all'uomo affermato che nel bel mezzo della notte si sveglia e mentre sorseggia un drink e fuma la sua pipa, realizza che il concetto di "realizzato" è molto più astratto di quanto correnti filosofiche e principi economici possano suggerire.

Tutte situazioni reali, che abbiano vissuto, che potremmo rivivere. Ma non riviviamo.

Perché? Siamo davvero troppo presi da tutto il resto? Diamo poca importanza a certe cose?
Eppure è strano, solo a "immaginare" sembrano cose bellissime.

E allora perché? E se ci volessimo solo proteggere da una probabile delusione? Se ci rendessimo conto che la realtà è decisamente meno magica?

Forse una tazza di tè non è poi la fine del mondo se fuori piove a dirotto e pensi a tutti i disagi che dovrai affrontare o agli impegni che dovrai rimandare. Forse il sedile del treno non è poi così comodo, la bevanda a malapena fresca, i fotogrammi non scavano, nella mente la stanchezza inibisce l'immaginazione.

E allora mi sorge spontaneo richiamare un altro spot:
L'attesa del piacere...Non è essa stessa un piacere?
E magari rincarare la dose, e aggiungere che talvolta, l'attesa è ancora più piacevole!

Oggi la domanda che mi pongo è: perché a volte ci limitiamo a immaginare piuttosto che vivere?

Non sono in grado di darmi una risposta, forse è paura di restare delusi, forse è pigrizia, forse è per un sapere inconscio, chissà...

Resta la consapevolezza che talvolta, rifugiarsi nell'immaginazione, è magico.

Buona giornata.

mercoledì 8 febbraio 2017

Lettera a cuore aperto ai giovanissimi

Approfittando del fatto che a leggere questo blog siete soprattutto giovanissimi, molti di voi nemmeno maggiorenni, oggi vorrei scrivere qualcosa che potrebbe tornarvi molto utile tra qualche anno.

Vi parlo del mondo del lavoro.

Che cos’è un lavoro? Beh non è semplice dare una risposta che definisca a 360 gradi cosa sia un lavoro. Voi penserete (giustamente) che un lavoro è un’attività (faticosa) che gli uomini svolgono al fine di guadagnare denaro.

Vero.

Ma il lavoro è anche tanto tanto altro.
Lavoro è sentirsi realizzati, fieri di sé stessi.
Lavoro è pianificazione, è la possibilità di immaginare, ipotizzare, creare il proprio futuro.
Lavoro è serenità.
Lavoro è semplicemente vivere.



Ipotizzo un dialogo col mio amico immaginario che ha appena conseguito il diploma.

-           Ho 19 anni, la patente, la macchina di mamma, la paghetta, un/a ragazzo/a, un bel po’ di anni di università davanti. Cosa vuoi che importi a me di lavorare in questo momento?

Cosa importa… vediamo… Beh diciamo solo che i prossimi 5-6 anni si decide buona parte del tuo futuro!

-          Si ma… io andrò all’Università!

E quindi? Ci vanno tutti. E tutti prenderanno la laurea!

-          Okay, ma io prenderò la magistrale!

Gli altri prenderanno la magistrale e un paio di master, e lo faranno in meno anni di te.

-          Sono tranquillo perché fortunatamente conosco l’inglese a furia di giocare al pc e vedere le mie serie tv preferite in lingua originale!

L’inglese lo conoscono tutti, moltissimi lo parlano fluente! E giacché ci siamo, quasi tutti parlano anche una seconda lingua.

-          Si ma i tempi sono cambiati, ormai a trent’anni si è ancora giovani, c’è tempo!

Errore da matita blu! A trent’anni, mi dispiace per te, ma sei fuori mercato per un buon 30-40% di lavori. I tuoi colleghi staranno già lavorando da 5 anni! E avranno la macchina (personale), scusa se è poco.

-          Quindi mi stai dicendo che se non mi impegno non troverò lavoro?

Non dico questo, dico solo che se vorrai distinguerti e non trovare eccessive difficoltà ci sono delle priorità da rispettare!

Il mio amico è rimasto senza parole ed è andato via.

Cari ragazzi, studiate tanto e studiate bene, fatelo con passione, perché quello che può sembrare uno stupido esame noioso, sarà il vostro lascia passare in molti colloqui. Puntate in alto, per evitare fastidiosi sbarramenti! Non andate fuori corso, il tempo è denaro in questa fase, il mondo non vi aspetta, gli altri non vi aspettano. Siate celeri e ingordi, non accontentatevi. Imparate l’inglese, studiate altre lingue. Siate curiosi di capire come funziona il settore del vostro percorso di studi. Leggete giornali e riviste specializzati. Nel tempo libero andate a vedere con i vostri occhi come si lavora. Se potete, fate esperienza! Cercate di conoscere quanta più gente possibile, scambiatevi idee, opportunità, sogni. Maturate sotto tutti i punti di vista.
Date tutto ora che avete energie e elasticità da vendere.
Arriverà il tempo, e credetemi, sarà tanto, per rilassarsi e godere dei vostri sacrifici.
Buona vita.


venerdì 27 gennaio 2017

Diversamente uguaglianza

Le assemblee d'istituto spesso sono solo un pretesto per perdere una giornata di lezioni, fare casino e tornare a casa presto. Tuttavia in molte scuole vengono "usate" per organizzare incontri mirati alla crescita etica e sociale degli alunni stessi, un modo per imparare in maniera diversa dal solito.
Ed è il concetto di "diverso" che oggi era al centro del dibattito organizzato a scuola. La mentalità di molti, specie nei paesini, è ancora chiusa e avversa nei confronti di chi è diverso, sia per razza o religione, sia anche solo perchè portatore di qualche handicap.
In un incontro con i ragazzi a scuola.
Tutto era pronto: proiettore, amplificazione, alunni rumorosi e indisciplinati; mancava solo la relatrice. Con mia sorpresa non si trattava di una signora anziana, ma di una giovane ragazza dagli occhi vispi che portava con se la voglia di far vedere al mondo che non esistono limiti se non quelli che la nostra mente ci vuole imporre.
Dopo la proiezione di due cortometraggi ["InContro - una passeggiata in corto" e "La mia coscienza" che vi invito a visionare su YouTube, ndr] da lei diretti (in uno era anche attrice) ed un dibattito purtroppo quasi inesistente, dato che gli alunni avevano iniziato a pensare ai fatti propri, decido di intervistarla per il nostro blog.

Ciao Serena, ti andrebbe di presentarti ai lettori di GenericaMente?
Certamente, mi chiamo Serena ho 26 anni, sono laureata in cienze politiche ma sono una politologa mancata perchè faccio la regista. Sono la presidente di "Impavidi Destini" un'associazione di volontariato che si occupa di tutelare i disabili. Sono tra i peer educator del progetto "abbatti tabù - sesso e affettività nelle persone con disabilità. Sono anche disabile motoria dalla nascita ma questo è solo un piccolo dettaglio. 

Sul set di "La mia coscienza"
Beh, non l'hai detto esplicitamente ma da quello che hai scritto emerge un altro tuo particolare: una grandissima grinta e voglia di fare! Come è nata l'idea di questa tua associazione? 
Per la grinta non lo so, preferisco far parlare gli altri, l'unica cosa che posso dire è che il mio motto è "spara a zero sui tuoi limiti" perché è vero nei confronti della disabilità c'è ancora tanto da fare, la gente a volte è incivile o si dimostra insensibile ma è anche vero che la vita cambia se c'è chi la cambia. Sta a noi in primis fare il grosso per integrarci. Impavidi Destini l'aveva creata Vito Stefano Ladisa, un ragazzo disabile, scomparso prematuramente, con il sogno di creare un movimento nazionale che si occupasse dei diritti dei disabili; questo movimento è nato all'interno di CasaPound. Quando ci ha lasciati non me la sono sentita di far svanire il suo sogno e ho preso in mano Impavidi Destini facendola diventare un'associazione di volontariato riconosciuta. C'è ancora tanto da fare e apro le porte a chiunque voglia darci una mano, meglio se ragazzi e ragazze giovani con tanta voglia di fare. 

Ci puoi dire cosa avete già realizzato/ quali traguardi avete raggiunto?
Noi ci occupiamo di disabilità a 360 grandi; siamo riusciti a volte a far mettere degli scivoli dove mancavano (potete vedere sulla pagina Facebook "Impavidi Destini Italia"). Abbiamo cercato di sensibilizzare sull'importanza degli insegnanti di sostegno e OSS nelle scuole mettendo degli striscioni in tutta Italia. Purtroppo però non dipende solo da noi.
Dal 2014 portiamo avanti una battaglia sulle sessualità e affettività dei disabili; si tratta più di una rivoluzione culturale. Sono felice quando mi invitano per parlarne specialmente quando sono dei giovani a contattarmi per chiedermi di andare a parlare nelle scuole. Credo molto nella Scuola come luogo di formazione di uomini e donne del domani e poi di nozioni tecniche; spesso però i docenti sono più impegnati ad andare avanti "con il programma".

Professori, brutta razza...
Alcuni sono simpatici e te li porti nel cuore per tutta la vita altri te li ricordi come incubo.

Hai detto prima che molta gente ancora si comporti nei confronti della disabilità con dei gravi limiti mentali e retaggi culturali obsoleti. Ti è mai capitato di essere "vittima" di questi comportamenti? E come ti sei sentita e hai reagito? 
Si, lo sono stata più volte ma non ho mai reagito da vittima. Ho sempre affrontato le situazioni facendo fare anche qualche figura di cacca al "malcapitato" anche se solitamente preferisco l'arma dell'ironia. Ogni giorno incontro qualche testa di capra che parcheggia su scivoli per disabili e parcheggi per disabili: li mi arrabbio ma se mi capita il proprietario se lo ricorda. Altre volte invece è successo che per chiedere qualcosa a me si rivolgessero al mio accompagnatore, del tipo "può bere un bicchiere di vino?" e io rispondevo "certo, odio gli astemi". Oppure in esperienze di tirocinio in cui si vedevano i responsabili pensare (a volte anche ad alta voce) "e mo quista a du la mintu?", io cercavo di andar loro incontro ed aiutarli nel loro handicap cercando di proporre mansioni che potevo svolgere tranquillamente.


Quale è il consiglio che senti di dare a tutti per approcciarsi nel modo migliore (o quantomeno meno sbagliato) con chi presenta un qualsiasi tipo di handicap?
Di approcciarsi in modo spontaneo come si farebbe con qualsiasi altra persona. Ciò che invece è assolutamente vietato è approcciarsi con buonismo o peggio ancora pietismo.

Mentre cosa diresti a chi è affetto da un qualsiasi tipo di handicap? 
Il consiglio che mi sento di dare è di non piangersi addosso e di non prendersela con il mondo perché la vita cambia se c'è chi la cambia e il mio motto è "spara a zero suoi tuoi limiti".

Ti ringraziamo per la disponibilità augurandoti il meglio sia per te che per tutto ciò che fai. Lasci un saluto ai nostri lettori?
Ringrazio lo staff di GenericaMente per la disponibilità e per aver voluto dare spazio a me e alla mia associazione nel blog.
Per i lettori, continuate a leggere il blog e spero che questa intervista sia stata una piacevole lettura e non una noia mortale. Grazie e a presto!

Spara a zero sui tuoi limiti

Foto per gentile concessione di Serena Grasso