expr:class='"loading" + data:blog.mobileClass'>

mercoledì 10 agosto 2016

Roma, un viaggio interiore.

È sera. Ecco il pullman, destinazione Roma. Si spalanca il portello, carico i bagagli, tre scalini e trovo la mia poltrona, la prima, la mia preferita, perché mi permette di assaporare il viaggio da quell’enorme schermo che chiamano parabrezza.

To build a home - The Cinematic Orchestra

I primi minuti sono vuoti ma necessari, servono per abbandonare il quotidiano e predisporsi a vivere al meglio ciò che verrà. Si rompono i gusci, cadono gli schemi, ti ritrovi improvvisamente solo ma allo stesso tempo figlio prediletto del tempo e del mondo.
Assapori l’eterno, e ti rendi conto che anche il passato ne fa parte. I pensieri e i ricordi rimbalzano come palline impazzite, i sogni fanno capolino tra paure e speranze, il presente è dolce. Non esiste domani.
Lo spazio e il tempo, l’uomo e il tempo. Il viaggio.
La strada evoca la via. Lunghi tratti diritti, obbligatori, come molti giorni della nostra esistenza, specie nella prima fase. Poi incroci, bivi, curve prese con eccessiva velocità, forse era opportuno rallentare, forse era giusto così. A lato ulivi rigogliosi, viti pronte a ripagare schiene stanche. Campi incolti, vecchie case abbandonate.

Un attimo di pace – Eros Ramazzotti

E poi le montagne, dal fascino intramontabile, salite e discese, alti e bassi, fatica e goduria. La metafora perfetta.
I paesini illuminati rintanati nel folto delle foreste, quasi inarrivabili. Tutto intorno le tenebre più nere regalano la sensazione di un luogo sospeso. A me viaggiatore in solitaria è permesso solo di ammirare e fantasticare. I viottoli e le piccole botteghe trasmettono pace.
Le bocchette dell’aria insistono sul mio viso. Dapprima mi distraggono, poi mi accompagnano. Ora di quelle vie riesco anche a sentirne i profumi.
Torno per un attimo sul pullman, dormono tutti, forse persino il secondo autista. Vorrei svegliarli, ma non è il caso. In fondo anche loro, come me, sognano.
Prima che il crepuscolo restituisca i colori, siamo a Napoli. Il Vesuvio sullo sfondo è magico, e non c’è stereotipo che possa far meglio.
Il sole sorge e le mie pupille si sentono in dovere di reclamare. Chiudo gli occhi, il ritmo regolare del motore mi culla, mi addentro in qualcosa di indefinito dal quale non riesco a uscire, realizzo di essere nel bel mezzo di un sogno (strano ma vero, mi capita spesso), e va bene così.
Al mio risveglio sono alle porte di Roma, pronto a scendere da lì a breve.


Arrival of the birds - The Cinematic Orchestra

Un pomeriggio mentre uscivo da un piccolo market noto un ragazzo di colore seduto su un gradino con una vaschettina di frutta in una mano. Nell’altra invece una quantità incalcolabile di braccialetti e collanine in vendita. Il recipiente è ben sigillato, nel tentativo scomposto di aprirlo con una mano gli cade per terra e la frutta tagliata in piccoli cubetti si adagia beffarda sui sampietrini. Incredulo e amareggiato il ragazzo resta inerme per qualche secondo, poi con la forchettina comincia a raccoglierla e a riporla nel piccolo contenitore. Pietà? Amarezza? Sconforto? Non lo so, ma mi sono avvicinato per dare lui qualche spicciolo. La reazione mi ha sorpreso, non ha accettato il mio denaro. Allora ho insistito e lui senza dire una parola mi ha fatto capire che avrebbe preso quei soldi solo se avessi comprato un braccialetto. Così ho fatto.
L’orgoglio e la dignità dell’animo umano, anche nelle situazioni più difficili.  Una lezione che difficilmente dimenticherò.

Casa 69 – Negramaro

I posti a sedere sulla circolare erano tutti occupati, eccezion fatta per due degli ultimi tre in fondo. Seduto vi era un signore bassino, i tratti somatici suggerivano che fosse indiano. Davanti a lui in piedi una ragazza bianca, italiana, visibilmente stanca, con la valigia in una mano e lo zainetto sulle spalle. L’indiano allora la invita a sedersi, ma lei rifiuta, improvvisando che sarebbe scesa dopo poche fermate. L’indiano resta in silenzio, poi si alza in piedi, invita nuovamente la ragazza a sedersi. La ragazza rifiuta ancora, lui non batte ciglio e si allontana, si avvicina all’autista e sosta nei pressi della prima porta. La ragazza allora finalmente si siede. Dopo un po’ di fermate l’indiano scende, la ragazza resta seduta ancora a lungo, fino al capolinea, stazione di termini, dove probabilmente un treno la attendeva per portarla altrove.
Pregiudizio e buon senso, stupidità e sensibilità, intelligenza e ignoranza, sensazioni contrastanti che ci interrogano. Sono indiano? Sono la ragazza bianca? Sono all’occorrenza ora l’uno, ora l’altro?

China Town – Caparezza

Roma è una sorta di Nirvana. Bellissima, eterna, immensa.
Ogni pietra che calpesti, ogni monumento che ammiri, ogni vita che incroci ha qualcosa da raccontarti, da insegnarti. La mente spazia, i confini si allargano, le conoscenze dilagano, i pregiudizi si assottigliano.

Per un turista la vita a Roma è come farina, bianca, soffice, gradevole e sfuggente.

Ma basta fermarsi un attimo e osservare il nostro setaccio per capire che infiniti granuli di saggezza sono nostri per sempre.

Nessun commento:

Posta un commento