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giovedì 21 aprile 2016

Disfare l'arcobaleno


Se tu mi chiedessi qual è il mio colore preferito, io ti risponderei l'arcobaleno.
I camaleonti lo invidiano, sai?
E anche i fantasmi. Si arrabbiano, perché anche lui è uno spettro,  ma non fa paura a nessuno.

Il temporale era stato così intenso che l'aria pizzicava di ozono e terra bagnata.
Mi sfilai le scarpe, intrecciai alla rinfusa i capelli resi ancora più crespi dall'umidità, presi la rincorsa e puntellai le dita appena sul bordo umidiccio del violetto. Rimasi così, appesa in bilico per qualche istante. Quell'abbonamento in palestra mai fatto si faceva sentire sui muscoletti delle braccia che cedevano e non mi aiutavano ad arrampicarmi. Uno slancio in piú con le gambe e a fatica riuscii a salire. Respirai profondamente due, tre, forse quattro volte, perchè mi sembrava che l'ossigeno si fosse vaporizzato.
Mi ero impiastricciata le mani di viola e nell' arrampicarmi avevo disfatto l'indaco e il blu. Ripresi l'equilibrio. Ero decisa a proseguire. L'imperativo categorico era di non guardare giú e di concentrarmi sul percorso da fare. Guardai dritto avanti a me e arricciai gli occhi per focalizzare un punto più lontano possibile. Mi aspettavo di vedere la fine dell'arcobaleno, ma ahimè i colori sembravano estendersi all'infinito senza un punto di arrivo. Alla mia destra erano lì, uno accanto all'altro quasi come le bolle di colore che la maestra preparava all'asilo prima di iniziare a dipingere il cartellone delle stagioni o le bandierine per l'addobbo di carnevale. Ero una frana nel disegno. Uscivo sempre fuori dai contorni, forse perché non mi piacevano le linee nere o semplicemente dovevo passarci su, quasi a farle scomparire e inevitabilmente i miei disegni erano sempre i più imperfetti della classe. A pensarci bene credo di non aver mai avuto una spiccata vena artistica, piuttosto mi piaceva scrivere e recitare le poesie più lunghe e difficili e in questo battevo sempre tutti i miei compagni di scuola.
Iniziai a canticchiare una filastrocca. Ero felice di essere arrivata lí, spinta dalla curiositá e dal coraggio. Saltellai tra il verde e il giallo con un piede solo, poi mi spostai sull'arancione a piè pari, ritornando sul verde. Sul rosso mi fermai come sull'orlo di un precipizio e decisi per il momento di non saltarci su: l'entusiasmo di un passo falso mi sarebbe senz'altro costato la pelle. Proseguì in avanti dando una sequenza ordinata ai salti che facevo, sillabando le parole della filastrocca e modulando il tono della voce su una melodia che non ricordo bene se l'avessi già sentita o se la stessi improvvisando in quel momento come si faceva nel gioco della campana.
 Ero in salita e non me ne rendevo conto, l'arcobaleno sotto i miei piedi era soffice, mi solleticava le dita e le avvolgeva con millemila sfumature di colori. Quelli primari si erano inzuppati con i secondari, si erano fusi insieme e avevano dato vita a dei ghirigori astratti. Mi parve di rivedere quelle decorazioni tipiche dei vetri di Murano. Mi divertiva l'idea di avere ai piedi un souvenir dall'arcobaleno, in pratica non mi sarei lavata più i piedi per il resto dei miei giorni.

Con il sole alle spalle, con i colori ai piedi e con un sacco di curiosità arrivai alla porzione di arcobaleno più alta, dove sarebbe iniziata la discesa verso la parte opposta. Mi voltai indietro per vedere cosa avevo lasciato alle mie spalle e per calcolare indicativamente quanta strada avevo percorso, ma quello che vidi mi sorprese non poco. I colori si stavano lentamente affievolendo e nello sbiadirsi lasciavano nell'aria puntini finissimi che scontrandosi con la luce del sole creavano un pulviscolo brillante, simile a frammenti di diamante.
Non c'era tempo per contemplare l'aria. Mi girai nuovamente verso l'arco in discesa, ormai il verso giusto sarebbe stato solo quello, ma prima di tornare con i piedi per terra mi resi conto di non aver mai guardato in su. La paura di cadere aveva costretto mentalmente i miei occhi a non guardare mai giù, ma nemmeno in su: sulla mia testa si spandeva un cielo trasparente e deterso dalla pioggia appena passata, che aveva, ancora per poco, restituito al mittente il grigiore e le impurità. Il cielo è l'unico testimone perenne del miracolo della vita che si rinnova, sotto i suoi veli sono passati eventi importanti, rivoluzioni, evoluzioni, guerre, gioie, conquiste. E lui è sempre lì a far da tetto, a proteggerci. Mi aveva accompagnato silenzioso anche in questa mia passeggiata e sicuramente aveva protetto anche me in questa avventura che volgeva al termine.

Entusiasta per questa insolita esperienza, immaginai per un attimo di attendere il mio turno come si fa sugli scivoli dell'acquapark con l'entusiasmo di chi non vede l'ora di assaporare il brivido del divertimento. Mi posizionai seduta sul verde, gambe distese e piedi a punta di martello. Incrociai le braccia dietro la nuca e mi lasciai scivolare giù. La velocità della discesa mi scompigliava le ciocche dei capelli ormai sciolti e l'aria fresca mi avvolgeva contromano quasi a trattenermi per non perdere aderenza con l'arcobaleno.

Si legge spesso di leggende su cosa ci sia alla fine di un arcobaleno. Durante la mia scalata, mi posi più volte l'interrogativo di cosa avessi trovato al termine: ero pronta a scoprire monete d'oro, cascate magiche, pietre preziose inclassificabili. La mia discesa volgeva al termine e l'inquietudine si stava facendo largo dentro di me. Non ero riuscita a tenere gli occhi aperti, ma in dirittura d'arrivo l'angoscia stava superando il livello di adrenalina e spalancai gli occhi in modo che qualsiasi cosa avessi incontrato nell'ultimo tratto non mi avrebbe colto impreparata.
 I colori diventarono ancora più soffici ed eterei.  Un enorme cuscino bianco attutí il mio arrivo. Ero a terra. Forse. Il mio corpo era una tela di colori. Rimasi per qualche istante immobile con i muscoli in tensione. Un leggero formicolio partí dalle dita dei piedi fino a risalire lungo tutto il corpo. Staccai le mani dalla nuca e avvertì un formicolio ancora più intenso.
 Intorno a me si stava creando un luccichio simile alla scia di colori che avevo lasciato alle mie spalle e lentamente le macchie di colore  fecero spazio a finissimi brillantini che luccicavano su di me.

 Mi guardai intorno per capire dove fossi finita e intorno a me non vedevo altro che soffici cuscini bianchi, come quello su cui ero atterrata io.

1 commento:

  1. COME IL DOTTORE KPUKPU HA RISOLTO IL MIO MATRIMONIO ROTTO.
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    Ciao, mi chiamo STEPHANIE WOOD, sono qui per testimoniare di un grande e potente lanciatore di incantesimi chiamato dottor KPUKPU GAFAR. Ero così confuso e devastato quando mio marito mi ha lasciato per un'altra donna. Avevo bisogno che tornasse disperatamente perché lo amo così tanto. Quindi ho contattato questo grande incantatore su (drkpukpu@gmail.com) per chiedere aiuto. Mi ha aiutato a lanciare un incantesimo d'amore di ritorno su mio marito e solo entro 48 ore mio marito è tornato da me piangendo e implorando il mio perdono. Il dottor KPUKPU lo ha rilasciato per sapere quanto lo amassi e lo volessi indietro. E ha anche aperto gli occhi per immaginare quanto amore condividiamo insieme. Mentre sto scrivendo questa testimonianza in questo momento, sono la donna più felice della terra. Voglio raccomandare questo fantastico lanciatore di incantesimi a chiunque abbia veramente bisogno di una soluzione urgente per una rottura amorosa Mandagli una email a

    drkpukpu@gmail.com o WhatsApp / Viber: 2348124313399

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