expr:class='"loading" + data:blog.mobileClass'>

giovedì 28 aprile 2016

La casa delle bambole

-Uffa, i genitori di Laura le hanno regalato una grande casa per le bambole. La voglio anche io!- piagnucolò Emma entrando in casa e sbattendo la porta d'ingresso. Era appena stata a casa della sua amichetta del cuore, con la quale si conoscevano fin da piccole e le aveva mostrato orgogliosa il suo regalo.
-La voglio bianca con il tetto rosso. Quella di Laura ha anche la soffitta, ma non il giardino intorno. Io voglio quella con il giardino e la piscina! E dai mamma!-
Emma era davvero insopportabilmente rompiscatole e la madre era così tanto abituata che aveva imparato ad ignorare le sue insistenti lagne, ma alla fine cedeva sempre e finiva per accontentarla.
-Avrai la tua casa delle bambole con il tetto rosso, giardino, piscina, attico e tutto quello che ti pare, ma non prima del tuo compleanno-
-Ma è tra due mesi!- sbottò Emma
-Due mesi passano in fretta, impara ad essere paziente ed ora aiutami ad apparecchiare per cena-


Emma si girava e si rigirava nel letto. Non riusciva proprio a dormire. Non vedeva l'ora che arrivasse il suo compleanno per scartare il più bel regalo della sua vita. Avrebbe avuto una casetta per le bambole tutta sua e sicuramente sarebbe stata più bella di quella della sua amica. Aveva già deciso che l'avrebbe arredata in stile moderno, probabilmente sui toni del bianco o del panna. All'emporio delle bambole aveva visto in vendita i piccoli complementi d'arredo fai-da-te: li avrebbe assemblati con la colla e successivamente colorati con le tempere. Avrebbe realizzato da sola i tappeti e le tendine con dei vecchi scampoli che la nonna metteva da parte ogni volta che avanzavano dai piccoli lavori di sartoria casalinghi, in modo da personalizzare il tutto e divertirsi ancora di più. Con queste fantasie per la testa, Emma riuscì ad abbandonarsi in un sonno profondo e finalmente si addormentò. Anche nei sogni la protagonista era sempre la sua casetta e le sembrava quasi di avere i piccoli mobili tra le mani e posizionarli nelle varie stanze, giocando a comporre e scomporre il salotto e lo studio, a scambiare il tavolo trasparente della cucina con quello bianco della tavernetta.


Le sembrò di aver dormito un'eternità quando improvvisamente avvertì una forte scossa che la fece ribaltare dal letto. Sbarrò gli occhi in preda al panico e si accorse di trovarsi riversa sul tappeto della sua cameretta, faccia a terra. Il pavimento sotto di lei ondeggiava terribilmente. -Il terremoto!- Esclamò -Mamma, mamma aiuto!-
Tutto intorno a lei si muoveva. Gli occhi piano piano si abituarono all'oscurità ed Emma riusciva a distinguere una ad una le cose intorno a lei.


-Signora, direi che questa è la più bella che il nostro negozio ha in vendita. È curata nei minimi dettagli, ha il giardino, la piscina e un garage adiacente. È l'unica che ha un piccolo impianto di illuminazione in tutte le stanze- così dicendo il commesso sfilò via il lenzuolino che copriva la grande casa delle bambole dal tetto rosso, pigiò un interruttore nero posto alla base e la casetta, come per incanto, si illuminò a festa.
-Ma è davvero graziosa e immensa! Per la mia Emma sarà una sorpresa che la lascerà senza fiato. La compro immediatamente!-
Il commesso, con un sorrisetto beffardo e  soddisfatto per la vendita appena conclusa, afferrò la casa e la portò su un carrello.
-Benissimo, ottimo acquisto. Le faccio un pacco regalo- disse allontanandosi.


Emma si guardò intorno spaesata e impaurita. Tutto continuava a muoversi e anche lei si ritrovò a rotolare più volte sul pavimento. Improvvisamente la stanza si illuminò. Emma pensò che la madre fosse corsa da lei dopo le sue urla e finalmente si sentì al sicuro. In camera, però, non c'era nessuno, la luce si era accesa da sola ed Emma rimase impietrita quando si rese conto di non essere nella sua cameretta. Si guardò intorno: le pareti erano di colore rosa chiaro, c'era un armadio bianco a tre ante con delle orribili decorazioni rosa scuro e delle maniglie un po' storte. Il tappeto su cui era caduta aveva una consistenza quasi spugnosa ed era pieno di polvere, come se qualcuno avesse rovesciato sopra della cenere. Seduta guardava dal basso quello che sarebbe dovuto essere il suo letto. Lei e la mamma lo avevano scelto due anni fa in una grande esposizione di camerette ed era uno tra i più particolari: aveva la base tutta verde e le testiere piene di fiori e farfalle in rilievo. Quello che c'era ora accanto a lei non somigliava minimamente al suo letto: era tutto color legno chiaro, grezzo e più piccolo.
-Ma che cosa sta succedendo? Dove sono? Mammaaaa?- si chiese spaventata Emma. Più si guardava intorno e meno familiari le risultavano i mobili e gli oggetti. Persino i poster al muro: erano dei ritagli di un vecchio giornale che ritraevano attori o cantanti in bianco e nero appiccicati con una grande striscia di scotch trasparente. Intanto le scosse erano terminate e tutto era tranquillo, troppo tranquillo. Emma si alzò dal tappeto con il cuore che le batteva a mille. Era confusa, preoccupata, impaurita. Dov'era la sua mamma? Perché era in quella stanza? Qualcuno l'aveva rapita durante la notte? E quel terremoto?
Si voltò a sinistra, pose la mano su una maniglia trasparente, la abbassò e tutta tremante aprì la porta.


Il commesso spinse il carrello di metallo verso una stanza piena di cianfrusaglie. Rovistò tra gli scatoloni e recuperò una vecchia scatola completamente anonima. Poi, da uno dei cassetti della scrivania, scelse un lungo nastro rosa e un fioccone gigante.
-Mi scusi, prima di fare la confezione regalo vorrei dare un'occhiata più approfondita ai dettagli. È così carina!-
-Certo signora. Faccia pure- rispose educatamente il giovane.


Con un sibilo la porta si aprì. Emma si fece coraggio e fece qualche passo in avanti. I muri erano verdi e la stanza era un po' più grande di quella dove si era risvegliata qualche minuto fa. Al centro c'era un grande pianoforte a coda tutto bianco, a sinistra , addossato alla parete, un divano di stoffa trapuntata con un simpatico motivo a pois bianco e verde. Emma si avvicinò verso il pianoforte per vederlo da vicino. Lo sfiorò con le dita sempre vibranti per la paura e notò che non era liscio come quello che aveva visto una volta in un ristorante. A dire il vero non era nemmeno verniciato nè smaltato. Ci girò intorno e si andò a sedere su un esile sgabellino con un cuscino imbottito e tutto impolverato. Sollevò il coperchio, ma scoprì una tastiera totalmente finta. Era stata sostituita da una stampa di carta sgualcita ai bordi che riportava tasti bianchi e tasti neri che non si potevano suonare. Emma scattò in piedi come una molla e con le lacrime agli occhi iniziò convulsamente a toccare tutto quello che c'era nella stanza: il divano, i quadri, le sedie, il tavolino con le riviste. Tutto orrendamente finto. Aprì un'altra porta, percorse cinque gradini e scese di un piano cercando l'uscita, ma si imbattè in un'altra stanza rettangolare: una cucina completa di tutto e finemente arredata con un piano cottura, tv, isola all'americana, forno, frigorifero. Emma si avvicinò a guardare ogni singolo complemento piena di orrore e paura, capí che era tutto finto!
-Nooooooo!!! Aiutooooo! Fatemi uscire di quiiii!!- Ma più la povera piccola urlava e piangeva, più la sua voce si affievoliva e mani, piedi, capelli, occhi, bocca acquistavano una consistenza rigida, materiale, di plastica.


-Oh, mi piace proprio tanto. Tutte le stanze sono complete di mobili ed oggettini. È pazzesco c'è anche un pianoforte!-
-Si signora e se guarderà più attentamente in una delle stanze troverà anche una bambolina così precisamente scolpita che sembra quasi reale- disse il commesso guardando la signora dritto negli occhi.
-Dovrò pagare una cifra in più per la bambola? Quanto costa?-
-No signora. Diciamo che è...un omaggio della casa. Ahahahahahahahahahahaha!-

Nessun commento:

Posta un commento