SINOSSI
DEL REGISTA:
“Una piccola imbarcazione con a bordo gli abitanti in fuga da un villaggio lontano, in piena notte, naufraga a causa di una tempesta. La luce del giorno svela i resti disseminati lungo la scogliera.
Tre visitatori giunti nel paesino disabitato sono pervasi da un senso di incredulità e di smarrimento. Nessuna domanda troverà una risposta. Nessuna stella sarà in grado di orientarli.”
“Una piccola imbarcazione con a bordo gli abitanti in fuga da un villaggio lontano, in piena notte, naufraga a causa di una tempesta. La luce del giorno svela i resti disseminati lungo la scogliera.
Tre visitatori giunti nel paesino disabitato sono pervasi da un senso di incredulità e di smarrimento. Nessuna domanda troverà una risposta. Nessuna stella sarà in grado di orientarli.”
Oggi mi ritrovo a scrivere qualche breve considerazione personale
su “Ereignis”, il cortometraggio nato dalla collaborazione tra Pierfrancesco
Gatto e Davide Mellone in concorso al festival del cinema europeo appena
concluso.
Non credo si possa considerare un’opera immediata. Al
termine della visione è stato necessario rivederla da capo per cominciare a farmi
un’idea del messaggio e del significato che il regista ha desiderato
trasmettere, ed è stato necessario rivederla una terza volta per coglierci le
sfumature, apprezzare i preziosismi e rendermi conto che non era il suono del
mare o lo scricchiolio di una vecchia imbarcazione a fare rumore, ma solo l’improvviso
risveglio delle nostre coscienze.
Ereignis si divide fondamentalmente in tre momenti: una
parte iniziale buia e tempestosa, ma carica di speranza. Una parte centrale,
luminosa e incantata ma intrisa di morte e desolazione. Una parte finale che
chiude il cerchio e allo stesso tempo apre numerosi interrogativi.
Il regista rimarca costantemente le antitesi che governano l’uomo
e la sua storia, ma lo fa in maniera nuova, sottile, apparentemente innocua e
allo stesso tempo letale. Si serve dell’uomo stesso, ora protagonista, ora
spettatore disinteressato, ora spettatore sbigottito e inerme.
È proprio questo susseguirsi di prospettive e quindi di
emozioni che sorprende, è sbalorditivo come questi ragazzi al loro primo lavoro
riescano in soli otto minuti a rapire la nostra interiorità, veicolarla tra
astrattismo e metafora e restituirla inquieta, scioccata, sconcertata.
O forse, più semplicemente, sorprende come siamo disposti a restare inerti dinanzi a drammi che dovrebbero sconvolgere anche il più insensibile degli uomini.
Non mi dilungo ulteriormente e soprattutto non voglio svelarvi la trama.
La sinossi del regista è più che sufficiente per capire quale sia lo spirito giusto per predisporsi alla visione. Il mio consiglio è solo quello di vederlo (e rivederlo se necessario).
Il resto verrà da sé.
una vuotaggine appuntita pervade il corto. Formidabili
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