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mercoledì 11 maggio 2016

Le Cronache di Lenthindoen - Libro I, La guerra degli ordini - Capitolo: La scelta

Eppure lo sapeva, lui ne era a conoscenza, quel gesto andava compiuto, perché era giusto; giusto, una parola, un mondo, una vita, la vita, l'infinito.
Era  forse corretto cedere all'oblio? Accogliere il più profondo nero esistente e renderne una parte alla nostra anima? Non è forse la raffigurazione del nulla, del vuoto e dell'immateriale?
Axir ne era conscio: "il sacrificio per il progresso", se lo ripeteva sempre ogni qualvolta le situazioni andassero fuori controllo e oltre ciò che aveva previsto.
Guardò il suo braccio sinistro con sguardo malinconico e fissò il tatuaggio che aveva inciso sopra quando entrò nell'ordine dei Pentavielem: "La luce nell'oscurità".
"È il momento di compiere una scelta, devo farlo!" pensò senza lasciarsi andare a dubbi fuorvianti, cosi si inginocchiò e mise la mano sopra la pietra blu scarlatta, lasciata dal demone mezzolupo che li aveva sconfitti in battaglia, riempiendo l'aria di cattivo odore molto simile alla putrefazione e di un profondo buio; i raggi solari difatti rimanevano riflessi all'esterno entrando molto flebilmente, quasi spaventati, all'interno di questa sfera magica nera trasparente.
Dopo aver compiuto il gesto, Axir pronuncio le parole del suo ordine:
"Nella luce noi viviamo,
perché il fine superiore noi serviamo;
nel riflesso noi ci rispecchiamo,
perché la vita noi serviamo;
la verità noi doniamo,
perché la luce nel buio noi siamo".
A quelle parole, seguì un assordante silenzio, gli alberi smisero di muoversi, il vento cessò di esistere, il buio circostante si fece ancora più tetro e il respiro dei due compagni sacerdoti elfici Mhonia e Terin, inermi a terra, si fecero più lenti. Tutto sembrò rallentarsi, distaccarsi.
Così, vi fu un'improvvisa luce blu mista ad un sottile bianco ed Axir sparì nel nulla assieme alla pietra.
Tutto riprese il suo regolare e ciclico corso, il vento accarezzò gli alberi, i raggi solari ripresero ad illuminare l'area, gli insetti a brulicare nei tronchi d'albero e i compagni a respirare normalmente e con sofferenza.
Mhonia, in uno stato semi cosciente, si trovava a terra con la staffa magica a tre metri di distanza ed i sacri vestiti strappati che facevano intravedere profonde ferite sul torso.
"Axir... perché?... non è giusto... aiuto" disse con molta debolezza e ruotò la testa verso Terin, che era con gli occhi chiusi, privo di sensi in posizione rannicchiata  e cercò di avvicinarsi alzando leggermente la spalla destra, ma il dolore era troppo forte e si ristese a terra.
Passò qualche secondo e mentre ansimava pensò in preda al panico: "Devo avvisarli!! I miei compagni vanno avvertiti!";  si alzò di scatto lanciando sterili urla in preda a dolori lancinanti, guardò il cielo indicandolo con l'indice della mano destra e gridò: "EGHIULTAVIN ELEM!".
Il suo corpo prese a brillare di un bianco intenso, gli occhi diventarono gialli e un raggio intenso bianco e giallo partì verso il cielo ed a una certa altezza si disperse in tutte le direzioni, facendo un forte rumore; gli occhi di Mhonia tornarono al loro stato naturale, marroni, e cadde a terra, sbattendo la testa .
Tornò il silenzio accompagnato solo dal vento e dalla piccola natura circostante.
Lì, in quel mondo dove il male racchiude il bene e viceversa, era giusto affrontare il male accogliendolo? Forse no, forse si. Ora però Deumixon era riuscito nel suo intento, probabilmente.




"Dove il buio risiede, la luce può arrivare"
Dalle scritture di Minielhin, Dotihil stregone di Galtiria






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